Con “Il mondo nella valigia” si ha quel minimo di percezione che serve a comprendere TrasformArte, lì dove l’arte del riciclo incontra l’arte in senso stretto e una funzione pratica. Non si butta via niente. Per Daniela Di Gregorio Zitella si tratta di un qualcosa che si porta dietro fin dalla nascita, fin da quando aveva rimesso in piedi la sua cameretta, fin quando manco se lo ricorda più. Insomma da sempre Daniela si cimenta nel recupero di vecchi pezzi, da accantonare in un angolo in attesa di vivere una nuova vita, pezzi unici, tutti con una storia. Perchè è questo ciò che differenzia i pezzi plasmati da questa artista che si è fatta da sola, che ha appreso tecniche e metodologie in totale autonomia, una “naif” si direbbe che racconta storie attraverso le proprie creazioni.
Ogni singolo pezzo: il vecchio tubo in rame, il macina carne, quel bottone ritrovato nella merceria storica in fase di chiusura, quel campione di tessuto da divano, tutto, ma proprio tutto trova una seconda possibilità in una memoria visiva che all’occorrenza sa dove andare a ripescarli nel laboratorio in pieno centro a Sulmona. Pezzi uniti mentalmente da un sottile filo conduttore che riaffiora all’occorrenza. Le bobbine delle fibre ottiche accuratamente lavorate con carta da parati e inserite in una struttura si trasformano in un originale scaffale; un vecchio scurino in legno correttamente lavorato e abbinato ad un bicchiere di ottone pakistano diventa una lampada dal sapore mediorientale; le chitarre tavolini da salotto; una cassettiera abbinata a diversi microchip si fa mobile curioso e particolare. Entrare nello spazio vetrina di TrasformArte non è solo un meravigliare gli occhi e la mente, ma è un saltare da un racconto all’altro.
Un fiume in piena, Daniela narra di tutto, della sua necessità di saltare da uno stile all’altro, da un materiale all’altro, il metallo è il suo preferito però. Ogni pezzo ha la sua storia e rimanda ad aneddoti. La sedia contro la violenza di genere: un fiore che lentamente viene disintegrato fino a diventare terra, una farfalla che è stata privata della sua capacità di volare liberamente, tutto è partito da una stoffa. E’ sempre un pezzo a lanciare l’idea, la visione, fino a raggiungere parte dopo parte l’opera completa che sembra quasi nata così e non poteva essere altrimenti. Alla passione di una vita Daniela ha dato definitivamente coronamento circa un anno fa, quando seguire il suo essere creativo è diventata un’esigenza irrefrenabile. “Lo dicono tutti che gli artisti muoiono di fame- confessa-, se così deve essere preferisco morire di fame. Non riesco a cambiare idea. L’arte non è considerata come vero e proprio lavoro, in tanti entrano qui nel salone e mi fanno complimenti ma poi mi chiedono: ‘Ma nei fatti che fai per vivere?’. Questo, faccio questo per vivere, non è solo un hobby” e se provi a chiederle se è felice non è difficile indovinare la risposta: “Si, lo sono, non ho un soldo in tasca, ma se ne può fare a meno”.
Nei fatti, però, le sue creazione sono ambite e Daniela allestisce anche locali ed attività commerciali che preferiscono un tocco originale al solito arredamento, lo ha fatto a Pescara e Sulmona. Ha partecipato a numerosi eventi a tema: dal Comics nella città adriatica è venuta fuori una seduta accattivante; eventi di moda a Scanno durante il quale il tipico abito nuziale è stato totalmente rivisitato in chiave moderna mantenendo il tradizionale pizzo; lo ha fatto a Villalago per lo storico corteo della sposa in cui una conca in rame si è trasformata in un lampadario; ha allestito lo spettacolo teatrale de La Bella e la Bestia; ed ora due sue opere faranno parte di un set cinematografico a Roma tra le quali, appunto, l’affezionata valigia dal quale fuoriesce parte del mondo quasi una fiamma ardente, impossibile da contenere, come la geniale creatività di Daniela che nonostante i limiti imposti dalla vita è esplosa più forte che mai. E’ l’anima, in equilibrio tra classico e moderno.
Simona Pace
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