Molti partono, quasi nessuno resta. Il censimento permanente dell’Istat mette i brividi all’intera Regione, ma è la fotografia di una realtà che non può essere celata e nascosta come la polvere sotto al tappeto. L’Abruzzo in un anno ha perso quasi 13.000 residenti, per la precisione 12.929. Questo è il dato che evidenzia lo spopolamento della regione che ha sempre meno attrattiva sia per chi già vi risiede, sia per chi dall’esterno preferisce altri lidi.
Tra il 2019 e il 2020 la popolazione è diminuita in tutte le province abruzzesi, nessuna esclusa e lo testimonia anche il fatto che appena 60 Comuni su 305 non abbiano perso alcun cittadino. Il trend peggiore appartiene alla provincia dell’Aquila (la meno densamente popolata, con 58 abitanti per km quadrato) che ha perso 4.027 abitanti. A livello comunale le perdite più gravi vengono fatte segnare da Teramo (1.522 cittadini in meno), Chieti (1.148 abitanti in meno) e Pescara (1.096 residenti in meno).
Anche la pandemia ci ha messo del suo. Sono aumentate le morti con l’incremento del tasso di mortalità che passa dall’11,3% del 2019 al 12,4% per mille abitanti del 2020. A ciò si aggiunge anche un tasso di natalità sempre più basso (dal 6,6% per mille abitanti del 2019 al 6,4% del 2020), vuoi per la pandemia, vuoi per la crisi occupazionale che di certo non sprona le coppie a metter su famiglia.
Aumenta l’indice di vecchiaia, passato dal 198,5 del 2019 al 202,5 del 2020; così come aumenta l’indice di dipendenza degli anziani che dal 38,3% arriva al 39,2% con le province di Chieti e L’Aquila in cui l’età media supera i 46 anni e dove ci sono più di 210 persone con età superiore a 65 anni ogni 100 ragazzi tra 0 e 14 anni (indice di vecchiaia).
Diminuisce dell’1,1% anche la popolazione straniera residente nel territorio, arrivata a 82.568 unità in tutta la regione. Insomma, i dati non sono di certo felici per una regione che, numeri alla mano, vive da decenni uno stato di forte crisi occupazionale, che non aiuta di certo le persone a restare, specie i giovani che, nonostante la presenza di tre università dislocate su cinque diverse sedi (UnivAq, UniTe con sede ad Teramo e Avezzano e UniCh con sede a Pescara e Chieti) tendono sempre di più ad abbandonare il loro territorio sia per gli studi e sia per la carriera professionale.
E Chemma fa, chesse’!! Politiche sbagliate o inesistenti, scarsa natalità, politica autoreferente e non al servizio dei cittadini. Penso, in generale, che l’Italia sia ormai da tempo un paese per vecchi. Mi chiedo come mai gli italiani vadano all’estero e nessuno viene in Italia, a parte i clandestini e la mafia nigeriana…