Un 25 aprile italiano e fortemente abruzzese, di Liberazione, quello che oggi ha visto il presidente Sergio Mattarella in una delle città simbolo della lotta antisfascista: Taranta Peligna.
La battaglia tra quelle montagne, animata dal coraggio e dal sapore di libertà della Brigata Majella. La resistenza come il Risorgimento, così parla il presidente al popolo, ricordando quegli ideali di libertà, umanità, civiltà e proprio per questo che “gli uomini della Brigata Majella scelsero per se stessi la denominazione di patrioti”.
E di resistenza, umanità e impegno civile ne sa qualcosa il Comune di Campo di Giove che oggi a L’Aquila, in occasione delle celebrazioni della Liberazione, ha ricevuto dalle mani del prefetto Giuseppe Linardi, la Medaglia d’argento al valor civile concessa dalla Presidenza della Repubblica lo scorso 11 gennaio. Un momento di grande emozione per il sindaco Di Mascio, l’amministrazione e per l’intera comunità campogiovese.
Un’onorificienza attesa da molti anni, ufficialmente partita dall’aprile 2014, con una delibera votata all’unanimità. Ricordiamo le motivazioni in seno a questo importante riconoscimento per un Comune montano che offrì aiuto e nascondiglio “Fulgido esempio di spirito di sacrificio e di amore patrio nel secondo conflitto mondiale”.
Situato sulla linea Gustav dopo l’8 settembre 1943, spiega la Presidenza nella nota, “diventò punto di riferimento per i militari italiani allo sbando, per i prigionieri fuggiaschi dai campi di prigionia di Sulmona e per i renitenti alla leva della Repubblica di Salò. Tutte le famiglie del paese diedero rifugio ai fuggiaschi, fornendo loro abiti e cibo, nonostante le perquisizioni tedesche nelle case sotto la minaccia delle armi. A seguito dell’ordine di sfollamento del paese e della requisizione di viveri e di animali, alcuni contadini, che cercarono di mettere in salvo il bestiame, furono immediatamente fucilati”
Anna Spinosa
Sig. Direttore,
il Presidente della Repubblica, in visita in Abruzzo, riferendosi al paese di Campo di Giove ha dichiarato: “Situato sulla linea Gustav dopo l’8 settembre 1943, diventò punto di riferimento per i militari italiani allo sbando, per i prigionieri fuggiaschi dai campi di prigionia di Sulmona e per i renitenti alla leva della Repubblica di Salò. Tutte le famiglie del paese diedero rifugio ai fuggiaschi, fornendo loro abiti e cibo, nonostante le perquisizioni tedesche nelle case sotto la minaccia delle armi. A seguito dell’ordine di sfollamento del paese e della requisizione di viveri e di animali, alcuni contadini, che cercarono di mettere in salvo il bestiame, furono immediatamente fucilati”.
Tutto vero. I campogiovesi come i sulmonesi e tanti altri abruzzesi dettero generosamente ospitalità ai prigionieri fuggiaschi. Ma che “ alcuni contadini che cercarono di mettere in salvo il bestiame furono fucilati” non risponde assolutamente al vero. Meraviglia che la Presidenza della Repubblica, sempre così informata, sia caduta in questa errata affermazione.
Ezio Pelino
Sulmona (Aq)