Ci sono immagini messe da parte senza saperlo, archiviate, che appaiono davanti solo quando qualcuno cestina quelle foto. Istantanee, visioni di un luogo che se mutate, manomesse, smettono di vivere. Stracciando parte della tua esistenza. Perché la vista, nel tempo, ha registrato ogni sospiro di quello slargo. Anche le crepe su una parete sporca e ammuffita. Verde ruggine di pioggia colata dal tetto. Momenti stampati nella mente, evaporati dopo che un cieco burocrate, che non ha mai messo piede in quel posto, ha ordinato che tutto torni a essere come era prima che la memoria cominciasse a funzionare. In un angolo sul corso che praticamente non è mai esistito, perché quasi un secolo fa non avevi ancora spalancato gli occhi sul mondo di piazza XX Settembre.
Da ieri mattina la scritta Riccardo Pacifico non c’è più, dagli anni Trenta incollata a rilievo sulla facciata di palazzo Caracciolo. Nel cuore vecchio di Sulmona. Cancellata. Rimosse le sedici lettere, è bastata una leggera pennellata di ducotone ocre per concludere un romanzo popolare fatto di dure pietre e stoffe calde. Decenni e decenni di struscio. Una storia che non appartiene soltanto a una casata di commercianti, ma a una comunità intera accompagnata a ogni età da quel nome e cognome. Stampato lassù, in alto, quasi fosse roba di tutti. Non il murale minimalista di un negozio di velluti e gabardine.
E pensare che soltanto un lustro fa la prima richiesta di censura era stata respinta dalla soprintendenza con una motivazione di buon senso: l’iscrizione risalente all’inizio del secolo scorso ben si inserisce nel prospetto, comune ad altri interventi dello stesso tipo e in uso in quel periodo storico. Così era stato deciso. Scritto. Ma le idee mutano come cambiano gli uomini. Ora invece per il nuovo architetto l’insegna in gesso non è quella originaria o comunque non riveste caratteri di storicità o identità culturale o testimoniale. Deve essere cassata. C’è di più: la prescrizione a eseguire adeguate indagini stratigrafiche per individuare i materiali e le colorazioni originarie. Insomma, grattare per scovare antichi stucchi e nascoste incisioni adocchiate da gente di almeno otto generazioni passate.
È così che va, gli scienziati della storia, pallidi angeli del bello, sono stati chiamati a difendere l’eternità. I secoli che furono. Non semplici attimi di anonimi passanti, che sono poi gli stessi che pagano gli stipendi di questi rigidi assessori al classico. Freddi e incorruttibili custodi di pallanti senza emozioni. Loro non credono che i ricordi siano spesso opere d’arte. La réclame della nostra vita.
Dylan Tardioli
Concordo con il commento di Dylan Tardioli.I rigidi e inflessibili funzionari della soprintendenza si adoperassero anche a fare rimuovere le transenne che stazionano da anni sulla scalinata del monumento più prestigioso della città. Si tratterebbe anche di intervenire sulle colonne di alcuni portali che si stanno ormai sgretolando,prima che sia troppo tardi.
Si guarda il pelo (non proprio tutti) e non la trave…
Sottointendenza
Da Sulmonese sono indignato per lo sgarbo fatto ad un commerciante illustre della nostra città .
non esistono solo i freddi tecnicismi …..esistono anche i ricordi specie quelli belli legati a chi ha Sulmona l ha vissuta ,onorata e rispettata.
Quella scruta non era piu solo un nome…..era un pezzo di storia vissuta è come tale andava rispettata.
Vergognosa scelta ……..W RICCARDO PACIFICO
Sarà il mio commento contro corrente, ma non la vedo così tragica questa rimozione.
Avrà i suoi tanti anni di presenza, ma (per me) ha ben poco di artistico e anche di valenza culturale, alla fine parliamo una pubblicità di un negozio che negli anni ha cambiato anche il suo genere di prodotti in vendita e quindi rinnovandosi anchesso più volte per tipologia.
Nel contesto di piazza XX, vedo molto più grave lo sfregio sul palazzo antistante il Corso Ovidio, da riportarsi allo stato precedente e se proprio c’era da salvare qualcosa, avrei salvato la vecchia pensilina in stile liberty sul piazzale del vecchio ristorante che rimessa a nuovo sarebbe stato un bel colpo d’occhio per qualsiasi contesto d’uso a seguire degli annessi locali.
E d’altronde la “prescrizione” ha un suo motivo e un suo fine, tanto per dire, quant’altre insegne “generiche” sono scomparse in questi anni lungo Corso Ovidio e non se n’è fatta una tragedia? Chi si ricorda la bella (per me) scritta SALSAMENTERIA? E di quanti pensieri fatti da bambini per capirne il significato? Con tutti i suoi inebrianti odori che emanava il negozio intero!
Cara vecchia e adorabile Sulmona.