Dice Franco Arminio: “Io guardo ogni cosa come se fosse bella e se non lo è vuol dire che devo guardare meglio” allora io dopo aver aperto la porta di casa e camminato lungo il mio paese ho pensato che l’unica soluzione fosse prenotare una visita dall’oculista prima della fine della quarantena. A Bagnaturo si potrebbe dire che “ci manca tutto e non ci serve niente” per citare una frase celebre che il fumettista romano Zerocalcare ha dedicato al sua quartiere Rebibbia. Certo abbiamo la simpatica nomea di essere una frazione divisa – talvolta contesa – fra due Comuni, ma sarebbe come quando un paese finisce sul librone del Guinness World Record perché ha realizzato ad esempio la pizza fritta più grande del mondo, una magra consolazione.
Per tutto il giorno mi sono accompagnato alle note di Ninnananna dei DisCanto, egregiamente interpretata – per esorcizzare la quarantena – da Michele Avolio sul suo profilo Facebook. Una versione acustica davvero emozionante, a tratti struggente. Michele parla di quel canto con religioso rispetto: “È una Ninnananna atipica, perché dedicata all’uomo, allo sposo, e non al bambino”. Un canto che viene da lontanto, raccolto nella piana del fiume Pescara dal musicista e ricercatore Ettore de Carolis e da sua moglie Donatina Furlone nei primi anni Settanta.
Non so dire con precisione se quel canto e quella melodia seria e drammatica sia la colonna sonora giusta per questi giorni – atipici come la Ninnananna – o se in realtà era dentro di noi anche tutto il resto del tempo, ma non ce ne eravamo accorti. Fatto sta che dai primi momenti di questa “crisi” avevo in mente una frase “noi in quarantena c’eravamo già”, ma non sapevo ancora cosa farmene. Poi stasera sono uscito con il mio cane Django, in giro non c’era un’anima – ovviamente -, la magia di queste quattro case era più cupa del solito ed ho pensato che in qualche modo andava immortalata. Il video (guarda nella sezione “de visu”) probabilmente non è un granché, ma è quello che abbiamo.
E la sua desolazione, anche se adesso è accentuata, mi parla di tutti quelli che hanno fatto la valigia e se ne sono dovuti emigrare, di tutti quelli che si sono ritrovati in mezzo ad una strada quando le fabbriche hanno chiuso, di tutte le volte che un politico ha detto che per l’ospedale purtroppo non c’erano i fondi, di tutte le volte che un anziano se n’è andato portandosi dietro la sua storia in silenzio.
Un silenzio che appare sconosciuto e invece è profondo e radicato. Un silenzio che quando la quarantena se ne andrà, resterà a farci compagnia, come da un po’ di tempo a questa parte perché noi con la gente a casa senza lavoro, i negozi chiusi e gli ospedali inservibili, “in quarantena c’eravamo già” da un pezzo, ben prima di questo virus.
Savino Monterisi
Articolo scritto benissimo che descrive tutta la valle peligna. Invito il mio sindaco a leggere .