Il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Sulmona, Marco Billi, ha sciolto oggi la riserva sulla richiesta di riapertura delle indagini relative alla morte di Guido Conti, l’ex generale dei carabinieri trovato morto il 17 novembre del 2017 sul monte Morrone.
Il magistrato ha ritenuto fondati i dubbi espressi dalla famiglia, rappresentata dall’avvocato Alessandro Margiotta, che aveva contestato le modalità e gli approfondimenti fatti in fase di indagini, contestando anche come il quadro psicologico dell’ex generale non potesse essere quello di un suicida, ipotesi che la procura alla fine aveva avanzato. Non solo: lo stesso magistrato ha indicato alla procura nuovi filoni su cui approfondire l’inchiesta, dando mandato di eseguire nuovi interrogatori, mirati a svelare con chi e perché Conti negli ultimi giorni della sua vita avesse ingaggiato furibonde discussioni telefoniche a cui avevano assistito dei testimoni. Billi ha anche dato un termine alla procura per concludere l’indagine suppletiva, ovvero entro il 30 novembre prossimo dovrà presentare i risultati per chiedere eventualmente una nuova archiviazione o il rinvio a giudizio di eventuali responsabili.
L’ipotesi di reato su cui stava indagando la procura di Sulmona era quella di istigazione al suicidio, ipotesi che nella prima fase, secondo gli inquirenti, non aveva trovato riscontri tanto da spingere i magistrati a chiedere l’archiviazione del caso. La famiglia aveva però presentato opposizione, indicando alcuni campi di indagini da approfondire: dalla Porsche che venne intravista sul posto poco prima della morte, ai rapporti, soprattutto, con la Basilicata dove Conti si era trasferito da qualche mese per assumere, dopo aver lasciato l’Arma, un importante incarico dirigenziale al sito petrolifero della Total di Tempa Rossa.
Una morte, quella di Conti, che aveva lasciato increduli quanti lo conoscevano e su cui, forse, la verità è ancora tutta da scoprire.
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