La fuga dei quarantenni

(ph. Paolo Giovanni D’Amato)

E’ come se Pacentro, Prezza e Roccacasale fossero spariti, svuotati. Ricorre a questo paragone lo studioso Aldo Ronci per spiegare gli effetti del calo demografico di Sulmona. In sette anni, dal 2013 al 2020, infatti, la città ha perso ben 2.265 abitanti, passando cioè dai 24.908 ai 22.643.

Una emorragia gravissima, anche e soprattutto in considerazione della “qualità” della fuga: un’altissima percentuale (-14,18%) di uomini e donne tra i 32 e i 48 anni di età, la forza attiva e produttiva insomma di una società. Nel capoluogo peligno ne sono andati via in sette anni ben 1.469 di questa fascia, con un valore percentuale del 24,15%, ben più alto cioè della media nazionale (14,18%).

Si va via da Sulmona, in pratica, per mancanza di lavoro e prospettive, aggravando così il cosiddetto indice di dipendenza strutturale, ovvero il rapporto tra la popolazione “attiva” e quella “non attiva” (dai 0 ai 14 anni e oltre i 65 anni). Indice che a Sulmona è del 66%, ovvero 9 punti percentuale in più della media italiana (57%).

Resta e si trascina verso la pensione solo la fascia a cui resta difficile tornare indietro e che in qualche modo si è sistemata, ovvero quella tra i 48 e i 64 anni di età, dove il calo è stato di 210 unità pari al -3,61% (a fronte però di un aumento a livello nazionale del 10,35%).

Una popolazione che invecchia con un incremento di 640 ultrasessantacinquenni, che nel 2020 fa registrare un aumento percentuale di 6 punti rispetto alla media nazionale (ovvero il 30% a fronte del 24% italiano). Mentre la fascia attiva dei 32-48enni passa dal 25% al 20%.

“Incremento dell’occupazione e miglioramento della qualità della vita – secondo Ronci – le priorità sulle quali agire per invertire la tendenza, evitando interventi che non hanno prodotto nessun miglioramento della crisi socio‐economica che attanagliava ed attanaglia ancora il territorio (basta ricordare i 50 milioni investiti nei primi anni 2000 nel Territorio Peligno con i Patti Territoriali e i PIT)”.

Più semplicemente occorre costruire una prospettiva di futuro, perché i giovani, soprattutto loro, continuino, anzi tornino, a scommettere sul territorio.

24 Commenti su "La fuga dei quarantenni"

  1. Credo che i dati siano ancora più allarmanti. Sono ancora moltissime le persone che lavorano fuori da tanto tempo ma non hanno ancora trasferito la loro residenza. Quasi tutti i miei coetanei non hanno più i figli a Sulmona e molti genitori si sono trasferiti per essere più vicini ai figli.
    Il calo demografico delle aree interne, particolarmente grave nella nostra valle, si sta verificando ormai da decenni ma la politica territoriale e nazionale è sostanzialmente incapace di adotta misure efficaci.

    • Parole esattissime tanti giovani con residenza a Sulmona ma vivono fuori vallata o regione , io dico politica incapace,

    • Mi chiamo Antonio | 12 Gennaio 2022 at 19:22 | Rispondi

      … vero e incontrovertibile… forse siamo già scesi sotto i 20.000 residenti effettivi.
      È mancata e manca una seria politica di investimenti strutturali per invogliare e attrarre aziende produttive ad investire e creare posti di lavoro… quelle poche che c’erano o hanno chiuso o sono “fuggite” a gambe levate.
      Ma parlano… parlano e programmano la solita “aria fritta”.

  2. A questo porta la politica dei divieti cosa credevate!sono anni che vedo solo divieti e ordinanze.analisi di Sulmona:problemi di una metropoli e servizi di un paesetto!

  3. Non credo sia solo un problema di Sulmona ma di tutto il comprensorio. Io sono di Pratola e quando andavo alle scuole medie c’erano le sezioni a,b,c,d,e,f,g..
    Oggi le medie le fa mia figlia e ci sono solo 3 sezioni… Tutta quella gente dei miei tempi da qualche altra parte è dovuta andare….

  4. Sulmonamoremio | 12 Gennaio 2022 at 22:41 | Rispondi

    Non cambierà nulla, neanche con questa amministrazione, basta vedere lo stato pietoso delle strade cittadine. Non si preoccupano nemmeno di riempire le buche. Credetemi,di questa città non frega niente a nessuno.
    I problemi si risolveranno, se si risolveranno, non certo per mano della politica peraltro inesistente in questa città, ma solo se la popolazione si deciderà ad avere uno scatto di orgoglio e prendere in mano la situazione. Bisogna recuperare lo spirito di jamm mo’, è l’unica speranza rimasta..

    • Ma perché, scusami, i problemi di una collettività li devono risolvere gli altri?
      Cosa pretendete, che la politica faccia le fabbriche, le imprese e poi ci metta a lavorare la gente?
      Se a Sulmona investissero 100 miliardi di infrastrutture, non cambierebbe niente, perché non c’é forza lavoro specializzata, non ci sono competenze specifiche, stiamo solo ad aspettare che qualcuno risolva i problemi nostri al posto nostro.
      Rileggete i commenti: é tutto un susseguirsi di ipotesi di fallimenti della politica.
      A parte il fatto che le amministrazioni comunali non possono fare nulla per crescita e sviluppo, perché non hanno una lira, ma anche se fosse cosa pretendete che facciano. Che poi le amministrazioni comunali siano un disastro da decenni, siamo d’accordo, ma non scarichiamo lì le colpe di una città morente.

      • Dinosauri repressi | 13 Gennaio 2022 at 11:02 | Rispondi

        La politica deve creare le condizioni per invogliare l’insediamento di fabbriche. Questo con servizi, agevolazioni fiscali, incentivi. Una programmazione minima decennale

  5. Non ci vuole molto a capire il triste fenomeno . Basta leggere il “Programma di mandato”. Un programma per “mandare” fuori i pochi rimasti.

  6. Iezzi …..l’uomo dei disastri, che ha sempre e solo rappresentato se stesso.
    Nel programma di mandato, manca la demolizione immediata dell’obbrobrio posto fronte tribunale.
    Bisogna cancellare la memoria dell’uomo dei disastri e delle sconfitte,continue e ripetute nei lustri.

  7. Mi chiamo Antonio | 13 Gennaio 2022 at 08:32 | Rispondi

    … infatti, la desertificazione dell’area industriale di Sulmona ha portato allo spopolamento del popolo dei Peligni e del loro territorio nel suo insieme… rifiuto i campanilismi e gli arroccamenti che hanno contribuito allo sfacelo e ritengo i “ Sulmontini “ i direttori d’orchestra di questa sgangherata banda e gli altri a seguire a ruota.
    Basta vedere gli eletti nelle varie lezioni nazionali o Regionali, molto spesso – troppo spesso – eletti candidati espressione di altre realtà territoriali.
    E questo anche per volontà e “ imposizioni” di segreterie di partiti.
    I pochi eletti locali non hanno brillato ne per competenza e ne per lungimiranza verso la propria terra d’origine… hanno pensato quasi tutti al proprio “ particolare” e al benessere del clan familiare.
    Certamente, non cambierà nulla…
    Il programma?
    Un grande bla bla bla di aria fritta e rifritta…le solite idee… i soliti progetti a “ PERDERE”.
    Lavoro: ZERO!
    E allora avanti con la desertificazione, spopolamento, e scomparsa di sezioni scolastiche A, B, C, D, E, F e G… o le corse dei Bus dedicati alle turnazioni dei lavoratori delle fabbriche dell’area industriale.
    Solo vecchi ricordi…

  8. Mezzaluna interna | 13 Gennaio 2022 at 12:39 | Rispondi

    Mario S, ascolti, sta dicendo che la prima economia al mondo, dove è allocata la maggior parte della produzione mondiale, le “fabbriche e le imprese” come dice lei, non siano il frutto di un’economia pianificata dal governo centrale ma bensì da altro incluso,come ha scritto “forza lavoro specializzata, competenze specifiche”?

    • Sto dicendo che siamo in un sistema di mercati e di istituzioni per i quali il modello di sviluppo cinese non é trasferibile. A meno che non riteniamo di far lavorare le persone 15 ore al giorno, fare dumping ambientale, fottercene dei diritti di proprietà intellettuale, consumare quello che ci dice il governo, avere stipendi pari a un decimo di quelli che abbiamo qui a parità di funzione e potrei continuare.
      Dopodiché la quantità di laureati cinesi in Stem é inconfrontabile con quella di ogni altro Paese al mondo. Si sono indistrializzati molto più tardi degli altri e usano tecnologie spesso più avanzate, senza considerare che possono godere di economie di scala impensabili (hanno cartiere lunghe chilometri, tanto per fare un esempio).
      Il punto é che in Italia gli incentivi sono stati dati, e anche parecchi, e alcuni territori, come il nostro, non hanno saputo in 40 anni generare le condizioni di una crescita endogena. Finiti gli incentivi, le imprese sono andate via o hanno smesso di arrivare.
      É inevitabile, se si pensa di campare all’infinito con risorse che arrivano dall’esterno.

      • Mezzaluna interna | 13 Gennaio 2022 at 21:52 | Rispondi

        La mia era un’osservazione per rimarcare il beneficio, a mio parere, dell’intervento statale e quindi della politica sull’economia non di certo a elogiare il modello lavoro, esistono paesi in cui si lavorano molte ore al giorno e non crescono come la Cina.

        • E ci sono paesi come L’unione sovietica che usavano solo l’intervento politico in economia e sono sprofondati, nonostante l’abbondanza di risorse naturali. In economia non funziona così, non basta un ingrediente per salvare la ricetta. É come se pensassimo di far viaggiare i treni in orario mettendo alle stazioni i nomi di quelle giapponesi.
          L’intervento pubblico e politico é benefico a condizione che la popolazione poi ci costruisca sopra iniziative imprenditoriali, conoscenze e competenze, norme sociali e relazioni. Se chi riceve l’incentivo pensa che durerà a vita e non coglie l’occasione, dovrà essere assistito a vita.
          É come col reddito di cittadinanza. Se chi lo percepisce non capisce che si deve dare da fare mentre la collettività lo sostiene, poi non può lamentarsi se dopo anni il reddito di cittadinanza non gli viene più dato, né può dire che la politica é assente.

  9. Sulmonamoremio | 13 Gennaio 2022 at 14:47 | Rispondi

    Caro Mario S.,sono 43 anni che voto e in questi anni ho assistito solo ad un lento e inesorabile declino della città e del comprensorio. Quindi di cosa stiamo parlando se non di fallimento vero e proprio della politica e dei relativi politicanti ad essa asserviti? Ti ricordo che quando eleggiamo i politici li eleggiamo perché si facciano garanti degli interessi e dello sviluppo di un territorio o no!!.

    • Caro, non sono in disaccordo sul fatto che la politica (e gli elettori) abbiano avuto e hanno le proprie responsabilità, ma il grosso delle responsabilità é dei sulmonesi che hanno ricevuto montagne di soldi in passato e non hanno fatto un passo avanti per consolidare quei livelli di reddito artificialmente elevati.
      Quanti incentivi sono stati presi e bruciati in negozietti inutili, in attività di impresa già vecchie prima ancora di aprire. Quante attività sono evolute a sUlmona invece che rimanere come erano 40 anni fa?
      Quante attività sono nate negli ultimi anni facendo, non dico tanto, ma un business plan decente? I business plan ce li devono fare i politici?

  10. Mi chiamo Antonio | 13 Gennaio 2022 at 14:58 | Rispondi

    … qualcuno sa spiegare per quale ragione le piccole e medie imprese allocate nella Valle Peligna dagli anni ‘70 in poi… sono “ scappate “ via quasi tutte?
    Eppure siamo dotati di collegamenti Ferroviari e Autostradali, Porti e Aeroporti sono a meno di una o due ore di strada.
    Abbiamo una grande azienda di autotrasporti nella Valle… allora per quale motivo se eravamo attrattivi negli anni ‘70, adesso non lo siamo più, cosa è venuto meno?
    È dipeso dalla riduzione di incentivi?
    La politica aveva, e ha, il dovere di dare risposte e soluzioni.
    Hanno fallito tutti, e le colpe sono solo loro. Non hanno ne scuse ne giustificazioni

    • non sono scappate dalla valle, sono scappate dall’italia
      forse perché si sono stufate di avere servizi da terzo mondo pagando piú di quasi tutti ( lo stato mangia anche sui lavoratori , anche loro emigrano quindi non facciamone una bega destra – sinistra)

      • Mi chiamo Antonio | 14 Gennaio 2022 at 08:54 | Rispondi

        Leggi bene per favore, la frase era riferita ai politici di “noiantri Peligni” : … hanno fallito tutti” … quindi nessuna bega destra o sinistra.
        Ci sono due opzioni: o una volta eletti pensano solo ai “caxxi” loro…o sono tutti incapaci.
        Personalmente, per averne conosciuto più di uno, mi viene da pensare che primeggiano in ambedue le ipotesi in egual misura.
        E adesso veniamo alla “ fuga “ non dalla Valle Peligna ma addirittura dall’Italia…se ti fai un giretto senza allontanarti troppo dalla nostra Valle, e senza nemmeno uscire dall’ Abruzzo, sia che poni il tuo sguardo intorno all’area Pescarese-Chietina o lo volgi verso il teramano, anche aree interne, o se preferisci il chietino fino ad arrivare a San Salvo, noterai oltre ad una miriadi di attività commerciali, artigianato e di servizi, anche centinaia se non migliaia di piccole, medie e grandi industrie… ultima ad insediarsi a San Salvo è un enorme centro Hub di Amazon che porterà stabilmente mille posti di lavoro più l’indotto e il lavoro di tutte le maestranze che lo stanno realizzando.
        Amazon ha aperto anche un altro Hub a San Giovanni Teatino e un altro grande Hub per elettrodomestici lo aprirà a breve a Termoli, a meno di dieci km da San Salvo.
        Quindi, come vedi, sono solo scappate dalla Valle (della morte) Peligna.
        Su una cosa mi trovi pienamente d’accordo: Servizi da terzo mondo pagandoli caramente, più di ogni altro posto.
        Non ci sono le condizioni “ politiche”, economiche e sociali per venire ad investire nella Valle, e le colpe in parte sono anche dei lavoratori “politicizzati” che remano anche loro contro…e qui mi fermo per non andare oltre… ma ci sarebbe da scrivere un Libro Nero sul perché di quest’abbandono industriale della Valle…

        • sisi non volevo contestarti.
          Per amazon é un ‘altro discorso. Lei sta in Italia ma é come se stesse in irlanda

          io intendevo le piccole e medie. Certo c’é anche una mobilitá interna verso aree che forniscono servizi migliori

  11. Mezzaluna interna | 14 Gennaio 2022 at 14:43 | Rispondi

    Non estremizzi, lì non si può parlare di intervento dello stato ma di controllo e gestione dell’economia. Il mio pensiero è più riconducibile ad un regolatore con interventi mirati dove c’è necessità, come servirebbe alla nostra valle. Credo sia riduttivo pensare ad uno stato/politica che dica: Vi ho dato i soldi quarant’anni fa ora vedetevela voi…Lo stato interviene molto anche negli Usa che dovrebbe porsi agli antipodi dell’ Unione Sovietica, esempi lampanti il New Deal e in seguito alla crisi dei Subprime

    • Beh non é che la Cina sia molto distante eh, in termini di governance, di potere delle istituzioni e di libertà di impresa. Per il resto, lei continua a citare casi eclatanti, come il massiccio intervento pubblico negli USA dopo la crisi dei subprime o, volendo, ora in pandemia. Ma un conto é intervenire su imprese sane a loro sostegno per affrontare una crisi, un conto é intervenire su un territorio morto con politiche industriali che dovrebbero attecchire su realtà in cui non c’é la minima capacità imprenditoriale. Negli USA non ci sono esempi di questo genere, neanche nelle crisi mondiali.
      Dopodiché le mette insieme interventi regolatori con interventi di sostegno all’economia. Sono die strumenti completamente diversi e, anzi, antitetici per finalità.
      Concludo dicendo che anche ora c’é una montagna di finanziamenti, anche a fondo perduto, ai quali che vuole potrebbe attingere, se avesse una minima idea di cosa farne. Il problema, mezzaluna, é che qua molti aspettano che qualcuno citofoni a casa loro e li preghi di prendere lo stipendio per fare qualcosa, meglio se niente.
      Io ho scritto già in diverse occasioni quello che penso: l’unica strada che Sulmona ha é quella di unire le forze, rimboccarsi le maniche e diventare una località a forte vocazione turistica/culturale. In questo caso la politica potrà e dovrà fare molto, ad esempio concertando una visione da qui a dieci anni e assumendo un indispensabile ruolo di coordinamento. Come? Ad esempio riscrivendo il piano regolatore, facendo un piano serio di chiusura del centro storico che consenta agli esercenti di sapere se e a quali condizioni possono utilizzare il suolo pubblico per realizzare strutture funzionali, mettendo a sistema la miriade di associazioni culturali, alcune di livello internazionale (penso a Sulmona cinema), per costruire un industria locale della creatività.
      Forse in questo modo i giovani capiranno che se si diplomano senza conoscere l’inglese e se scelgono l’università sapendo come possono essere utili, invece che scaricare sugli altri la responsabilità di trovare loro lavoro, allora fra dieci anni avremo una Sulmona che vede la luce.

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