
La violenza sessuale non è mai argomento semplice da affrontare, nemmeno per gli addetti ai lavori, nemmeno per i giudici coinvolti nel percorso giurisprudenziale, nemmeno in un chiacchiericcio tra amiche.
È questa la prima riflessione che mi è venuta in mente ascoltando, per mera curiosità, il monologo di Beppe Grillo sulla questione dello stupro di cui sarebbe accusato il figlio.
È difficile credere che di un argomento così delicato, così complesso da ascoltare venga affidato a qualche superficiale minuto su YouTube e dato in pasto all’enorme ed eterogeneo pubblico dei social.
Non entro nel merito della colpevolezza o innocenza di Grillo junior ma certo ritengo doveroso gridare il mio sdegno altrettanto pubblicamente.
Molto probabilmente il signor Beppe Grillo, protetto dal suo stesso genere maschile da una becera cultura maschilista, non sa cosa voglia dire subire uno stupro per una donna, ancor più se giovanissima.
La violenza sessuale è qualcosa che ti strappa l’anima, che ti lacera così profondamente da non riuscire più a ricucire la ferita. Subire forzatamente un atto sessuale equivale ad annullare se stessa, ad autodistruggersi, a desiderare la distruzione del proprio corpo, della propria memoria, del proprio sentire, quello più intimo.
La donna vive, come sentimento preponderante, il tradimento verso se stessa perché sa di non essere riuscita a proteggersi, capisce che non può più fidarsi, non solo di quello o quelli che l’hanno violentata, ma di se stessa. Chi non ha vissuto una tale devastante esperienza deve fare uno sforzo per capire, iniziando dall’odiare e disprezzare se stessi.
È con questo sentimento che una donna, dopo lo stupro, torna alla realtà; un’altra realtà in cui la donna si percepisce diversa da prima, peggiore, indegna di quella fiducia e compiacenza che ognuno di noi ha per se stesso. È paradossale ma la donna stuprata non è concentrata sullo stupratore e non tanto sull’atto dello stupro ma su se stessa e sul ruolo che da quel momento avrà nel mondo.
Anche se non avrà cucita addosso una lettera scarlatta lei si sente talmente diversa e talmente cambiata che le sembrerà che sia evidente a tutto il mondo. A tutto questo bisogna aggiungere il senso di sconfitta, la paura, la frustrazione, la vergogna oltre allo schifo. Per questo motivo nella maggior parte dei casi la donna che subisce violenza sessuale non corre a denunciare lo stupratore ma cerca di risanare se stessa. Perciò si lava, si veste e fa finta di riprendere una vita “normale” il più presto possibile: va a cinema con le amiche, va al mare, va a fare shopping, va a scuola, fa qualsiasi cosa le possa restituire un pezzetto di “quella di prima”. Più si è giovani più tutto questo è vero perché sono proprio i giovani che non riescono ad accettare la diversità, la sconfitta ma soprattutto il tradimento che in questi casi è il tradimento della vita stessa. Mi chiedo, per tornare al punto di partenza, se invece del figlio fosse stata la figlia di Grillo? Quale video avrebbe registrato il padre? Probabilmente nessuno perché di fronte ad una rottura così irreparabile nessun genitore avrebbe tempo e cuore di parlare sui social.
Il clamore mediatico che tutta questa vicenda si sta portando dietro non fa bene a nessuno ma soprattutto non fa bene alle donne che hanno subito o subiscono violenza sessuale. Il messaggio, pericoloso, che è stato trasmesso ai giovani, intanto, è che se tuo padre si chiama Beppe Grillo può permettersi di chiedere pubblicamente di pagare il debito del proprio figlio ma soprattutto può permettersi di violentare per l’ennesima volta tutte quelle che uno stupro lo hanno già subito perché la ragazza vittima (l’unica vittima) si è sentita ancora una volta calpestata, violentata, annientata da una precisa volontà di colpevolizzarla, di svalorizzarla, di negarle il diritto ad essere persona. Come faranno le donne a capire che possono fidarsi della società se ogni volta il Grillo di turno, a volte persino dallo scranno di un tribunale, dimostra che non siamo né pronti né degni di questa fiducia?
Gianna Tollis
Grandissima Gianna Tollis.. Concordo pienamente!!! Vorrei tanto dirglielo in faccia al Sig. Grillo è a tutti i porci che osano qualsiasi tipo di violenza sulle donne!!
Condivido pienamente ……..
Ha descritto egregiamente quelli che sono i dolori di una violenza sessuale, e tengo a puntualizzare che il discorso è tristemente valido per le donne come per gli uomini, e peggio se in fasce di tenera età.
Il “caso Grillo padre” va analizzato più per una questione d’inefficienza della giustizia italiana… quasi due anni lasciati scorrere (il 19.07.2019 l’accaduto, e la settimana seguente la denuncia), false le affermazioni su ritardi nella denuncia (vi è a un anno di tempo) e sul mancato arresto (previsto solo in flagranza di reato).
Errato l’intervento del padre: ognuno è innocente fino a sentenza passato in giudicato.
Io non discriminerei fra figlio e figlia ma sulla debolezza umana nel sentirsi toccata nell’intimità del proprio nucleo famigliare e Grillo non ha retto il colpo. Ne a torto ne a ragione ci si deve permettere una spettacolarizzazione mediatica, anche perché da “circa due anni” a questa parte, non aveva minimamente accennato alcun intervento, nascosto dalla lenta giustizia.
Questa la lezione dei social, sempre e solo visibilità positiva da mostrare, mentre come in tutte le famiglie, i panni sporchi vanno lavati in famiglia!