La deroga al Diritto

Esattamente il 2 novembre di due anni fa, in piena crisi pandemica, un signor qualunque aeroportuale di Trieste prese un banchetto e si andò a sedere in Piazza del Popolo a Roma per affermare la sua contrarietà al Green Pass da poco istituito in Italia, manifestando nel contempo contro l’intervento repressivo del governo a Trieste.

Intervennero le Forze dell’Ordine e comminarono al manifestante un Daspo, questo orrendo acronimo che significherebbe “Divieto di Accedere a luoghi SPOrtivi”, esteso per discutibile interpretazione giuridica all’intera area capitolina, come fosse uno stadio grande un’intera città.

Stefano Puzzer, questo il suo nome, fu esiliato da Roma come Dante da Firenze con una pena da contrappasso infernale, difficilmente comminata perfino ai capi delle tifoserie più violente. Il reato, sentenziato con procedura d’urgenza senza ordinario processo, fu esprimere pacificamente il suo dissenso a un dpcm governativo.

La cosiddetta società civile, concentrata com’era a salvarsi dal virus, relegò l’episodio a fenomeno marginale di intolleranza antisociale e il provvedimento governativo a monito ai tanti miseri ignorantoni che popolavano le schiere dei NO. Il mondo dei media, della politica, del vippismo opinionistico e del social dibattito da tastiera ridusse l’improbabile sentenza a misura opportuna, così come aveva fatto alla notizia degli idranti e dei lacrimogeni alla manifestazione di Trieste di qualche giorno prima.

Alle poche tastiere che provarono a eccepire il comportamento illiberale del governo, compatto il Paese rispose tacciandole di complottismo, negazionismo e minaccia sociale, riducendo il principio della libera espressione alle baggianaggini dei negazionisti, indistinto calderone del tutt’erba un solo unico e indistinto fascio.

Sottovalutarono i più un fenomeno abbastanza ricorrente nella Storia, che niente di quanto accade nella vita pubblica resta senza conseguenza nel breve, medio e lungo tempo. Anche la più episodica e apparentemente insignificante deroga ai diritti per mano del governo, pure se dettata da emergenze pressanti, pure se apparentemente senza ripercussioni nell’immaginario collettivo (in fondo si trattava di un banale divieto al manifestante a farsi una gita a Roma), in realtà costituisce un precedente, un semino di quelli che ti si incastrano fra i denti e alla lunga possono degenerare in carie.

Il fatto è accaduto e quindi la Storia già lo contempla: si è ammessa la legittimazione di chi è al potere, sia pure in circostanze di conclamata emergenza pubblica, di zittire e punire il dissenso, ove a questo venga attribuito una minaccia di condizionamento delle coscienze, facili evidentemente da rimbambire con tesi astruse, contrarie alle verità affermate.

Del resto solo qualche mese prima il Parlamento della Repubblica era stato, con iniziativa dell’Esecutivo unica nella storia, disperso in quarantena ciascuno a casa propria, nell’acquiescenza di tutti gli italiani che in quel momento ritennero il dibattito parlamentare, senza nemmeno confessarselo, un impaccio al fluido, rapido e diretto operato del premier salvatore.

Ma, nonostante la reazione favorevole della maggioranza del Paese, anche questa vicenda si stampò nelle zone più remote dell’obnubilata coscienza di massa, ennesimo semino da carie che solo qualche mese prima avrebbe sollevato la riprovazione e l’indignazione dei più (o almeno delle loro tastiere), e che ora invece veniva assorbita come un atto dovuto.

Il Parlamento, una volta riabilitato, aveva ormai nella visione del Paese perso il suo ruolo fondamentale nella democrazia, per trasformarsi, svuotato del dibattito, in un dispendioso votificio della fiducia al premier, in cui dover passare per mero meccanismo formale.

Alle elezioni politiche successive 4 elettori su 10 non andarono a votare, e la vittoria andò all’unica forza politica, la Destra, tenutasi (probabilmente strategicamente) estranea al governo di emergenza e unità nazionale, per poter far incetta di voti una volta superata la crisi.

Poi fu la volta della guerra in terra straniera, e anche qui senza uno straccio di dibattito nel parlamento e nel paese, l’allora premier pro tempore legiferò la nostra posizione fra le parti in conflitto, capofila nello scenario internazionale per l’invio di armi agli uni e l’embargo agli altri.

E, ancora una volta, chi provava ad obiettare la scarsa partecipazione democratica ad un’iniziativa così determinante e dalle ripercussioni incalcolabili per il destino comune, venne additato dal solito vippismo dalle giuste opinioni come pro-putinanesimo, una forma anch’essa di negazionismo alla della verità oggettiva, che distingueva con l’ascia del populismo buoni da cattivi.

Giustificando con l’ennesimo stupido neologismo la sconfessione di docenti e filosofi, l’allontanamento di sportivi e artisti, perfino la messa al bando di lettere dell’alfabeto insieme ad opere somme di autori colpevoli di essere nati nel posto sbagliato.

E siamo ad oggi, la Fiera del Libro di Francoforte ha annullato il premio alla scrittrice palestinese Adania Schibli, colpevole di aver raccontato nel suo libro la violenza di un militare israeliano su una vittima palestinese, gettando così su Israele – si giustifica la giuria – un’ombra di colpa che il mondo occidentale dei diritti non può, non vuole, non deve diffondere.

E la società civile, la gente, il popolo italiano?

Le scelte governative che pregiudicarono i nostri destini e che ancora oggi li pregiudicano volano sulle nostre teste come i ryanair per ciampino sul mio terrazzo, se non fosse per il rumore, indifferenti loro a me ed io a loro.

Ogni semino di questi anni di semina di deroghe ai diritti e al dissenso democratico si accumula sui semini di ieri occludendo nelle coscienze di ciascuno l’emersione dello spirito critico, mortificando ogni istinto reattivo, rendendo stupida ogni eccezione di principio, relegando ogni contestazione a sofismo di pensatore da tastiera.

Già, le tastiere, qualcuno ancora ne fa uso per esprimere il suo dissenso, (quando non viene censurato dall’Algoritmo Sovrano dei social): ma quelle tastiere così fondamentali per il noioso chiacchiericcio social, isolate l’una dall’altra come monadi individualiste, non riparano di un semino la coscienza critica, non ostacolano alcuna atrocità, non impediscono sottrazione di diritti, non fermano nessuna legge insostenibile: 

Non spostano di una virgola la rotta del Ryanair per Ciampino che vola sul mio terrazzo.

Antonio Pizzola

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