La casa di Emma

“La guardavi negli occhi e non potevi non volerle bene”. Sono le parole della maestra Mariolina Pallozzi, commossa dall’altro lato della cornetta. Le iridi a cui si riferisce sono quelle di Emma Ventresca, venuta a mancare ieri all’età di 57 anni. E Mariolina, che Emma la conobbe quando di primavere alle spalle ne aveva solo quattro, ricorda bene l’ultimo compleanno festeggiato dall’ispiratrice del centro Aias di Torrone. “Ci divertimmo tanto – spiega -. Emma fu felicissima. Tagliò la torta, suonò prima il pianoforte e poi la batteria. Fu davvero una giornata stupenda. Il giorno dopo, sfortuna volle che si ammalò, e da lì non si è più ripresa”.

Una vita che è diventata faro per molti, per i più fragili, per chi cerca il proprio posto nel mondo. Nata nel 1967, a Emma venne diagnosticata un’insufficienza neonatale che ne compromise la salute negli anni. Nessuna cura, un vagabondare nel buio in un Abruzzo e in un’Italia non ancora pronta per affrontare il tema dell’autismo. I viaggi del papà Sante e di mamma Angela per un rimedio nei primi anni di vita, fino a Philadelphia, negli Stati Uniti, per sottoporre Emma alle terapie di Glen Doman e Carlo Delacato. Poi la consapevolezza di poter costruire per Emma, e per altri, qualcosa in terra peligna. E’ l’alba degli anni Settanta quando a Sulmona, grazie al sostegno dell’allora assessore regionale alla Sanità, Giuseppe Bolino, nasce il Centro Aias.

Una casa e non un parcheggio. Un aiuto alle famiglie in difficoltà, costrette a combattere senza armi né scudi un qualcosa che appena trent’anni prima venne battezzato dal pediatra Leo Kanner. Pioniere, a Sulmona e in Abruzzo, fu proprio il professore Sante Ventresca. Papà di Emma e dei tanti che come Emma cercavano una casa, una ragione. Spinto dal desiderio di dare un angolo di normalità a quelle vite e, soprattutto, di costruire una casa nella quale, anche dopo di lui, la sua Emma, avrebbe trovato il conforto delle cure e l’amore dell’assistenza. Una prospettiva che sembrò più concreta quando due anni fa morì la mamma di Emma, con papà Sante che si ritrovò a gestire la figlia. Ormai, però, non più solo.

Lo ricorda anche Mariolina Pallozzi: “Sante ha creato un centro d’eccellenza, venivano da ogni parte d’Italia. Dobbiamo dirgli grazie, perché prima in Valle nessuno sapeva cosa fosse l’autismo. Quando mi chiamò per collaborare non me lo feci ripetere due volte. Ho iniziato a fare la volontaria e a dare una mano”.

Dagli appena due bambini del 1972, oggi il Centro Aias conta tredici persone che frequentano un luogo che, senza la nascita di Emma, non avrebbe mai visto la luce. “Vorremmo che questo centro avesse l’accreditamento – spiega la maestra Pallozzi -. Ci sono spazi bellissimi, una mensa. Questi ragazzi non hanno un vero punto di riferimento fuori la scuola. Per questo, oltre all’aiuto delle cooperative, servirebbe il tempo prolungato”. Perché quello di Aias è un laboratorio, un mondo del fare: dalla pittura alla lavorazione del rame. Poi la cura del benessere personale, con le sedute di fisioterapia. Le stesse che, associate al metodo Delecano, hanno permesso ad Emma di mettersi in posizione eretta a 12 anni.

“Facendo il bene di Emma – conclude la maestra Mariolina – si è fatto il bene di tanti altri ragazzi”. Oggi, alle 15:00, l’ultimo saluto nella chiesa di San Giovanni da Capestrano, a Torrone. La salma partirà nel luogo del cuore di Emma, il Centro Aias: un angolo di mondo dove non essere invisibili come spettri per chi è nello spettro dell’autismo.

Emma se ne è andata, con la certezza, chissà anche la consapevolezza, che la sua vita ha servito una nobile causa e costruito una solida casa.

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