Il sostituto procuratore della Repubblica, Stefano Iafolla, ha aperto un fascicolo d’inchiesta per la morte scoperta questa mattina di Pino (Giuseppe) Cavicchia, quarantacinque anni, noto ristoratore della città, impiccatosi nella taverna della sua abitazione in via Ciofano. Il reato ipotizzato, contro ignoti, è quello di istigazione al suicidio: il magistrato, in particolare, vuole capire se ci sia stato qualche elemento scatenante che abbia portato l’uomo a commettere l’estremo gesto. Per questo la procura ha sequestrato il computer e il telefono di Cavicchia, per capire cioè quali siano stati gli ultimi contatti avuti dall’uomo prima di decidere di togliersi la vita. Circostanza questa, quella cioè di un gesto volontario, su cui non ci sono dubbi, tant’è che la salma non sarà sottoposta ad esame autoptico.
A fare la triste scoperta è stata la moglie a cui Pino Cavicchia non rispondeva al telefono: la porta chiusa dall’interno della taverna al pian terreno ha fatto temere il peggio e così è stato quando sul posto sono state chiamate le forze dell’ordine.
Cavicchia ha lasciato un biglietto di poche righe rivolto ai suoi familiari, un addio nel quale chiede scusa per il suo gesto e per non essere stato in grado di provvedere a loro.
L’uomo sembra stesse attraversando problemi di carattere economico, dopo la chiusura della sua ultima attività di ristorazione aperta in piazza Garibaldi.
Ma il suo carattere solare e il sorriso sempre sulle labbra, non riescono a giustificare un gesto che nessuno si aspettava potesse compiere.
Chi lo aveva incontrato negli ultimi giorni non aveva infatti notato nulla che facesse lontanamente pensare ad uno stato depressivo o di preoccupazioni.
Cavicchia lascia la moglie e una figlia di otto anni.
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