Il pensiero degli abruzzesi e non solo va ora tra le campagne di San Benedetto dei Marsi, il paese, uno dei tanti in Abruzzo, dell’orso. Perché dopo gli spari, il sangue e la rabbia, tanta rabbia, l’emergenza è ora per i due cuccioli di Amarena. Individuati poco prima della mezzanotte, ma non ancora catturati, in quelle campagne dove è stata uccisa la mamma. Atterriti da quella violenza che appena qualche giorno fa non avrebbero mai potuto immaginare: loro che insieme alla mamma attraversavano il paese, indisturbati e rispettati. Il gesto criminale del 56enne, macellaio e cacciatore, che l’altra notte ha imbracciato il suo fucile “legalmente” detenuto e ha fatto fuoco, ha condannato anche loro. Ha ucciso la loro libertà, oltre che tolto la vita ad Amarena. Perché i due cuccioli, che non si è riusciti neanche a dargli un nome, quando (si spera presto) e se verranno presi, non avranno sicuramente un’esistenza facile. Finiranno in qualche riserva protetta, probabilmente, perché nessuno potrà insegnare loro come sopravvivere tra gli uomini. Messo che ci sia un modo, per sopravvivere agli uomini.
L’idea idilliaca e romantica del modello Abruzzo – quello della convivenza pacifica tra uomo e orso – alla fine è fallita. E per quanto duro e ingiusto, bisogna accettare il fallimento. Capire come cambiare.
Il murale a Villalago dedicato ad Amarena e i suoi cuccioli stona con i flash dei telefonini a caccia di reels su Instagram e con i fuoristrada che si è permesso di far scorrazzare a cento metri dai luoghi frequentati dalla famiglia di orsi, in violazione della autorizzazione Vinca, ha detto il ministero. Stonano gli inseguimenti a Gemma per le vie di Scanno, il cibo lasciato davanti ai cassonetti a Roccaraso per Juan Carrito, il figlio di Amarena finito sotto a un’auto, e stona, più in generale, una certa cultura, anche ambientalista, che in nome del turismo, pensa di poter disegnare l’Abruzzo e la sua fauna selvatica, come fosse un cartoon.
E le leggi, la legge, non aiuta: per il 56enne di San Benedetto dei Marsi che ha messo fine al sogno abruzzese, la pena più dura sarà ed è stata quella degli insulti (ma anche delle minacce – inopportune) che gli sono piovute sui social e non solo, perché a dirla tutta “in gabbia”, come molti auspicano e chiedono, non ci finirà probabilmente.
La procura di Avezzano, che ha aperto l’inchiesta, contesta il reato 544bis del codice penale (chiunque procuri per crudeltà o senza necessità la morte di animali): una pena che va dai 4 mesi ai 2 anni di reclusione. Al di sotto del minimo per finire dietro le sbarre.
E d’altronde il precedente di Pettorano sul Gizio, quando nel 2014 venne ucciso a fucilate un orso a Ponte d’Arce, non è stato certo di esempio: il responsabile di quell’uccisione, alla fine, non ha avuto conseguenze penali, ma è solo stato costretto a pagare un risarcimento danni civilmente.
Non si tratta di essere giustizialisti, ma la morte di Amarena, che non è stata frutto di un incidente d’auto, ma di un atto deliberato, ha danneggiato tutti: la fauna, privata di un esemplare prolifico di specie protetta, e gli abruzzesi, privati del sogno romantico di poter essere per una volta un modello virtuoso.
AL CACCIATORE IMPAURITO
Ti vedo, Andrea,come ti ho visto quando mi fhai sparato.Non potevi aver paura di me che sono soltanto una mamma che abita la sua terra. Io invece sì, di te ho avuto paura, tanta paura perchè il fucile che brandivi era caricato a odio. Hai fatto centro subito, Andrea, quando ho sentito il polmone bruciare e un fiotto si sangue riempirmi la bocca. Eppure non ti sei accontentato. Hai sparato ancora.Ho fatto in tempo a vedere i miei cuccioli fuggire via dal tuo odio, dalla tua casa, dalla tua vita.E so che lontano dal tuo odio, dalla tua casa,dalla tua vita ci sono uomini buoni e giusti che sanno che il rispetto di ogni creatura è prima d’ogni altra cosa rispetto di se stessi. Con loro i miei cuccioli staranno bene. Ti vedo, Andrea, dalla terra che abito ora dove non c’è posto per quelli come te,e aspetto, aspetterò che tu ti penta,ti ravveda. Solo così avrai meritato di guardare negli occhi tua figlia.AMARENA
Questo articolo non mi é piaciuto, il sogno romantico non finisce per un imbecille che ha deciso di usare la forza del suo fucile contro questo bellissimo esemplare di orsa femmina. É un gesto caso che invita tutti noi a traguardare, per il futuro,livelli ben piú alti di civilizzazione. Non é la fine ma un inizio. E poi stonano le parole usate alla fine dell’articolo quando si dice che gli abruzzesi vengono cosí “privati del sogno romantico di poter essere per una volta un modello virtuoso.” Per una volta? Gli abruzzesi sono stati centinaia di volte modelli virtuosi in tante situazioni che non sto qui a descrivere. La vera povertà è quella di chi ci non ci prova mai ad essere migliore.