E’ una polemica nuova solo per gli attori che la interpretano quella nata ieri tra il sindaco di Roccacasale Enrico Pace e quello di Pratola Peligna Antonella Di Nino e relativa al deposito incontrollato di rifiuti nei cassonetti dei paesi limitrofi. Perché, checché ne dica la neo sindaca di Pratola, il “vizietto” di gettare l’immondizia davanti la porta del vicino, alcuni pratolani (ma non solo loro), l’hanno sempre avuto.
Era già successo ai tempi dell’amministrazione De Crescentiis che qualche anno fa ingaggiò un botta e risposta con l’amministrazione sulmonese guidata da Peppino Ranalli: anche in quell’occasione fuoco di sbarramento e difesa a scudi alti della civiltà pratolana. Che nessuno mette in dubbio, per carità. Ma i sindaci e la comunità pratolana, devono capire che, come in tutti i paesi e in tutte le città, dal fascio qualche volta esce dell’erba “marcia”. Insomma la mamma degli incivili, come quella dei cretini, è sempre incinta e non è che si facciano differenze tra un confine e l’altro.
I cassonetti, quando va bene, dei centri che colpevolmente non ancorano attivano la raccolta porta a porta (che in zona sono sostanzialmente Sulmona e Roccacasale), sono da anni ormai stracolmi dei segni di questo Dna. Che non si manifesta solo nel cassonetto, ma anche nel non raccogliere le deiezioni dei cani per strada, nel lasciare come accaduto proprio ieri sera sulle scalinate dell’Annunziata a Sulmona bottiglie e bicchieri come souvenir delle notti brave, e ancora, semplicemente, nel non rispettare un semaforo o un parcheggio riservato ai disabili.
Questa volta, però, purtroppo per la sindaca di Pratola, sulle buste di immondizia che in settimana hanno ricoperto i cassonetti all’ingresso di Roccacasale, c’era il marchio inequivocabile del municipio pratolano.
“Buste vecchie di quattro anni fa” si è affrettata a commentare la Di Nino, che con l’occasione ha anche bacchettato il sindaco di Roccacasale di essere “poco istituzionale”, avendo scelto la stampa per mostrare il suo disappunto.
C’è da chiarire, innanzitutto, che l’articolo da cui è scaturita la diatriba e pubblicato da Il Germe, non è stato (e questo Antonella Di Nino lo sa bene, conoscendo la professionalità della nostra testata), commissionato: si è trattato di una iniziativa della redazione che, come impone la professione, ha chiesto conto al primo cittadino di Roccacasale di quello scempio consumato all’ingresso del suo paese.
Ma soprattutto appare una poco credibile difesa d’ufficio quella di datare le buste con il marchio del municipio pratolano: cosa cioè esattamene vuole sostenere la sindaca di Pratola? Che le buste sono state rivendute al mercato nero ai residenti di Roccacasale? Che qualcuno abbia conservato quelle sporte per anni per poi consumare una vendetta politica? O ancora che qualcuno abbia taroccato appositamente i contenitori per creare un casus belli?
Facciamo troppo intelligente l’ex vice presidente della Provincia e ora acclamata sindaca di Pratola per difendere l’indifendibile, e la consideriamo anche politicamente onesta da saper riconoscere errori e gaffe, persino dei suoi amati concittadini.
Nascondere la polvere sotto al tappeto, soprattutto in casa degli altri, non serve a fare pulizia.
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