Salgono a 23 i Comuni in rivolta contro la determina dell’amministratore unico di Cogesa che affida due incarichi a peso d’oro a due legali di fuori per il recupero crediti nei confronti dei morosi, perché ai 13 dell’area civica-centrodestra (esclusi Raiano e Molina) si sono aggiunti ieri anche 10 soci di area centrosinistra, tra cui quelli dal peso societario più importante, ovvero Sulmona e Pratola Peligna (oltre Acciano, Cansano, Castelvecchio Subequo, Gagliano Aterno, Opi, Pescocostanzo, Pettorano sul Gizio e Rocca Pia). Una maggioranza schiacciante, cioè, che nell’assemblea di venerdì prossimo potrebbe far sentire il suo peso in fase di approvazione di bilancio e sfiduciare nei fatti la governance di Nicola Sposetti.
Ma c’è di più: il sindaco di Sulmona e presidente del Controllo analogo, Gianfranco Di Piero, ha scritto ieri una lettera alla Corte dei Conti, firmata dai dieci Comuni, nella quale contesta anche tecnicamente, oltre che politicamente, la determina dell’amministratore unico, chiedendo allo stesso di ritirarla e di sottoporre la questione al Controllo analogo.
I due incarichi a limitar della soglia di legge, infatti, appaiono a Di Piero come nei fatti un frazionamento illegittimo di un appalto da quasi 300mila euro e che, in quanto tale, se dovesse seguire le regole del Codice dei Contratti, sarebbe una violazione di legge.
E’ anche vero, chiarisce lo stesso Di Piero, che la rappresentanza legale non è sottoposta al Codice dei Contratti, tuttavia essendo incarichi che prevedono un notevole esborso di denaro e oltretutto in una situazione finanziaria già molto critica della società partecipata, per essi si “prescrive l’obbligo di una procedura comparativa”, previa una “procedura trasparente e aperta”.
Sposetti, insomma, non poteva e non può fare come gli pare, tanto più che per nominare i due legali, è stato del tutto bypassato l’elenco degli avvocati iscritti nella lista approvata di Cogesa, né, a dirla tutta, il recupero crediti giustifica il ricorso a particolari specialisti (messo che i due nominati lo siano).
“Spiace dover evidenziare che, nel caso in esame, è sicuramente mancata la trasparenza della procedura valutativa in quanto non solo è stata disattesa un’adeguata procedura comparativa, ma è stato completamente omesso il requisito della trasparenza con esplicito riferimento al coinvolgimento dei soci e alla partecipazione degli stessi ad una procedura di tale rilevante entità finanziaria (considerata, peraltro, la difficilissima situazione finanziaria in cui si dimena la Società) – si legge nella missiva inviata ai giudici contabili -. A giudizio degli scriventi, non è ammissibile che la governance di una società in house, peraltro nelle condizioni di Cogesa, adotti provvedimenti e dia luogo a procedure di considerevole impegno finanziario senza l’avallo, il coinvolgimento, la partecipazione e l’assenso dei soci, che non possono essere ritenuti proprietari della società solo quando devono provvedere all’accantonamento dei fondi necessari al ripianamento delle perdite determinate dalla gestione o allorquando sono chiamati a rispondere di culpa in vigilando in relazione alle scelte unilateralmente operate dall’organo di gestione”.
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