Il solco del professore

Nell’aiuola davanti al caseificio “il professore” spiega con entusiasmo come funzionava quello che ora è un ferro arrugginito: per novanta anni sotto la pioggia e le intemperie, ora in attesa di un ricovero che gli dia dignità. “Magari un museo” dice Fausto Ruscitti. Per lui è un pezzo di storia e soprattutto di memoria e identità: l’aratro con cui il papà contadino lavorava i campi, il motivo per il quale, lui, dopo la laurea e nonostante un lavoro come insegnante, ha scelto di rimanere attaccato alla terra. Piantando radici solide, fatte di inventiva, coraggio, sfide e innovazione.

A 79 anni, ora, Fausto Ruscitti si sente soddisfatto, anche perché l’impresa che ha costruito ha finalmente un erede: Antonio Pensa, 34 anni, da quattro mesi nuovo presidente dell’Ansape. Lui, il professore, però, che è passato a fare il vice, nei capannoni di Raiano ci va ogni giorno: “Devo cercare di fermarmi, ma non ci riesco – dice – non posso fare a meno di fare quello che ho sempre fatto. Qui c’è la mia vita, mi sono trovato anche hobby alternativi, come la coltivazione dei tartufi, ma questa azienda è molto di più di un lavoro”.

E’ una storia che parte da un bisogno di riscatto sociale, prima che economico ed imprenditoriale. Figlio di umili contadini, Ruscitti si laurea in Biologia più per necessità che per scelta: “Volevo iscrivermi ad Agraria dopo il diploma da perito agrario – racconta – ma l’università si trovava a Perugia e non potevo permettermelo”. Erano i primi anni Settanta e il pezzo di carta valeva come oro: lo chiamano subito ad insegnare alle Magistrali prima e allo Scientifico poi, professione che svolgerà fino a quindici anni fa. “Mi resi subito conto però che mi mancava qualcosa, mi mancava la terra – ricorda – per questo misi insieme un po’ di amici, cresciuti come me tra i sacrifici e i piaceri dei campi. Convinto, da sempre, che la cooperazione è un valore aggiunto: se solo produci 0,8, in due produci 3”. Nel 1974 fonda così insieme ad altri sei amici la Cooperativa agricola Raiano: “Facemmo un investimento di 250 milioni di lire, 100 dei quali erogati dalla Cassa per il Mezzogiorno e 150 ottenuti tramite un mutuo – ricorda -. Comprammo le terre e realizzammo le stalle: fummo una delle prime aziende in Abruzzo con cinquecento mucche che a regime producevano 25 quintali di latte al giorno”.

Il teorema dell’unione che fa la forza ritorna e, qualche anno dopo, nel 1980, decide di realizzare il secondo step della filiera, sempre puntando sulla cooperazione. Nasce così Ansape (acronimo di Altopiano di Navelli, Sangro e Peligna) che mette insieme dall’aquilano alle Cinquemiglia, passando per la Valle Peligna, una serie di aziende e cooperative che lavorano dallo zafferano, alla carne, alla trasformazione casearia e della carne.

“Il passo fu grosso – racconta il professore – facemmo un investimento di 4,5 miliardi di lire, la metà con finanziamenti della Cassa per il Mezzogiorno, il resto ipotecando i beni della nostra Cooperativa di Raiano. Fu una sfida coraggiosa che i miei soci mi permisero di fare fidandosi ciecamente di me. In tanti anni d’altronde – lo dice commosso – non mi hanno mai chiesto chiarimenti sui conti. Si sono sempre fidati e questa è stata una delle soddisfazioni più grandi della mia vita. Io però, a loro, dicevo tutto: ogni mattina attaccavo la prima nota, con costi e incassi, sulla porta della stalla, in modo che la potessero leggere”.

Quel bambino che aiutava e che era cresciuto nei campi, d’altronde, aveva cambiato la vita sua e dei suoi amici: “Lavorando in cooperativa ci potevamo scambiare il lavoro: c’era sempre qualcuno che andava a dare da mangiare agli animali, qualcuno che apriva la stalla – spiega –. Per la prima volta riuscivamo ad andare al mare, prenderci periodi di ferie, dedicare tempo alla famiglia, permetterci di pagare una cena ad una ragazza o anche solo farci notare da una ragazza. Per chi faceva il contadino, a quei tempi, erano cose impensabili”.

Ruscitti capisce in tempi non sospetti il valore aggiunto della genuinità, del chilometro zero: Ansape, così, si dota di un marchio, Terrantica, che al latte raccolto, alla carne macellata, all’ulivo molito, dà un’identità riconoscibile e territoriale. “Era il 1984 e mi rivolsi ad uno studio di Roma di grafica e design che mi consigliarono alcuni del Ministero con i quali ero entrato in contatto per i finanziamenti di Ansape – continua Ruscitti -. Erano tre giovani svegli, vennero qui per un po’ di giorni a studiare il territorio: capirlo per sintetizzarlo in un marchio e un nome. Rimasero colpiti dalla storia di Corfinio e dai paesaggi, così è nata Terrantica”. Una filiera chiusa con la vendita diretta anche al dettaglio: un punto vendita del chilometro zero aperto da poco a Raiano (il Parco del Gusto) che è diventato una cassaforte di prodotti di nicchia e fuori dalla grande distribuzione e uno anche a Roma aperto venti anni fa.

Oggi Ansape-Terrantica ha un fatturato di 5,5 milioni di euro, raccoglie, unica cooperativa in Abruzzo insieme a La Maielletta, 800 quintali di latte a settimana, con sette furgoni che ogni giorno girano l’Abruzzo e una volta a settimana fuori dall’Abruzzo per distribuire i prodotti caseari e dà lavoro a 26 persone, anzi a 26 famiglie, perché, dice Ruscitti, “c’è gente che si è sposata qui dentro. Siamo una grande famiglia e ci vogliamo bene. Le persone, le loro storie, vengono prima di tutto, anche del business. Non riuscirei altrimenti a lavorare in un ambiente ostile. Qui sono tutti assunti regolarmente, anche gli stagionali. Bisogna essere corretti con le persone e con la società”. Il ritiro del latte dagli allevatori, spiega, svolge anche una funzione sociale e di stabilità economica: “Il latte è oggetto di pesanti fluttuazioni di mercato – dice – e noi assicuriamo ad una trentina di stalle il passaggio quotidiano e prezzi di acquisto garantiti per un prodotto che, altrimenti, rischierebbe di essere buttato in alcuni periodi”. E’ uno dei tanti progetti, Competilatte, che Ruscitti si è inventato per difendere il settore e la sua terra: puntando sulla cooperazione, sulla qualità e sulla ricerca. Nel settore caseario, dove ha appena fatto un investimento di 1 milione di euro per l’innovazione tecnologica dei macchinari, ma anche nel settore dell’olivicoltura, con la collaborazione assidua con le università per lo studio della varietà Rustica e Gentile, oggi diventata un gioiello della produzione dell’olio di oliva. Il frantoio, attiguo al caseificio, molisce dai 2500 ai 5000 quintali l’anno, tutte olive rigorosamente locali. “Delle attività iniziali – spiega – abbiamo dovuto rinunciare alla macellazione: dopo la mucca pazza le norme e la gestione dei mattatoi è diventata, giustamente, troppo rigida per essere conveniente”.

Prevedere e cambiare, intuire e adattarsi, è la prerogativa dell’impresa: anche per questo, a differenza di tanti altri caseifici, Terrantica resiste. La crisi energetica, ad esempio, che ha messo in ginocchio tanti stabilimenti, Ansape non l’ha subita: Ruscitti ha installato il primo impianto fotovoltaico 14 anni fa. “Feci un mutuo di 1 milione e 250mila euro e in un solo colpo mi dotai di energia e tolsi l’eternit dai capannoni – ricorda – il Gse al tempo dava 0,375 euro per chilowattora prodotto e quell’incentivo durerà fino al 2030. Grazie a questi incentivi, per i quali incasso circa 11mila euro al mese, il costo dell’energia elettrica si riduce a poche migliaia di euro, assolutamente sostenibili. Nel 2026 finiremo di pagare il mutuo e l’energia prodotta e gli incentivi saranno tutti guadagnati”. Tant’è che l’ultimo impianto l’ha montato da poco: 130mila euro con i fondi del Pnrr che fanno salire a 700 Kw la potenza di produzione, abbastanza per coprire oltre l’80% del consumo dell’azienda. “Io sono uno vecchia scuola – confessa Ruscitti – ogni mese faccio il bilancio di costi e ricavi. Così ho sotto controllo costantemente i conti”. Lo deve più ai suoi amici che a sé stesso.

Con l’ingresso di Antonio Pensa alla presidenza, dopo quattro anni di affiancamento, Ansape ora apre una nuova stagione: “Abbiamo rilevato il distretto agroalimentare di qualità (Daq) Abruzzo che era in liquidazione mettendo insieme una cinquantina di allevatori e diverse cooperative, come La Maielletta e la Apro.Zoo – spiega il nuovo presidente – si tratta di una cooperativa di terzo livello che offre cioè servizi alle aziende e alle stesse cooperative: promozione, coordinamento, rapporti con il ministero e soprattutto assistenza e gestione dei bandi nazionali e comunitari.

Abbiamo partecipato come prima cosa al bando, destinato proprio ai Daq, sul distretto del cibo, dove ci siamo classificati al diciannovesimo posto su 54 progetti presentati in tutta Italia. Nel 2024 il ministero ha finanziato i primi 11 e quest’anno, verosimilmente, dovremmo rientrare anche noi nel finanziamento con lo scorrimento della graduatoria”. Si tratta di un progetto da 9 milioni di euro che prevede investimenti negli allevamenti, finalizzati soprattutto al benessere animale, oltre che alla robotizzazione e all’abbattimento dei consumi energetici e termici. Anche qui ricerca e innovazione: “Stiamo collaborando con le università abruzzesi per trovare cibo proteico da agricoltura biologica che possa sostituire la soia, costosa e non coltivabile per motivi climatici qui – continua Antonio Pensa -. Siamo a buon punto, grazie alla ricerca fatta su lenticchie e farro. Prodotti che possiamo coltivare in loco, aumentando la redditività e soprattutto il benessere animale e quindi la qualità e genuinità della produzione”.

Il solco, quello della cooperazione, della qualità, della difesa del territorio, è quello tracciato da Fausto Ruscitti in questi cinquanta anni di storia imprenditoriale e nato da quell’aratro arrugginito simbolo di un altro tempo e di altre fatiche, ma della stessa passione per la terra. Un pezzo da museo, ormai, che il professore racconta come fosse una lezione di storia, una lezione di vita.

1 Commento su "Il solco del professore"

  1. Una lezione di vita, come tante altre vite, di coloro che non hanno rotto con il passato, che resistono e che ne hanno fatto tesoro e sviluppo per le future generazioni, del territorio e ovviamente della cooperativa stessa.

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