Di quei lunghissimi 24 chilometri di cantiere (da Pettorano a Pescocostanzo) per ora sono stati tagliati circa 50 pini alti all’incirca 30 metri, quelli che secondo un tecnico forestale individuato, pare, da Ferrovie dello Stato potrebbero creare pericolo al transito della cosiddetta Transiberiana d’Italia. Ma che siano stato individuati gli alberi giusti lo mettono in dubbio una serie di cittadini peligni (circa una quindicina) che oggi si sono riuniti in un sit in, a seguito della “denuncia” di Domenico Capaldo, proprio sul primo lotto tagliato. Lo scenario non è di certo dei migliori e la preoccupazione di quanto dovrà ancora essere tagliato è tanta perchè a rischio c’è una delle pinete storiche del piccolo paese in pieno Parco Nazionale della Majella, e non solo.
Certo, è già stato scritto più volte che quell’enorme taglio è stato autorizzato dall’Ente Parco e dalla Regione Abruzzo, gli unici competenti in materia, ma tra la formalità degli atti e la sostanza delle cose qualcosa ai protestanti sembra non tornare, pronti, fin dalla prossima settimana, ad andare a fondo sulla vicenda cercando gli atti (si parla di soli quattro documenti in tutto) e provando a sensibilizzare la popolazione probabilmente attraverso un’assemblea.
Le cose che non tornano sono diverse. La prima è la mancanza di informazioni chiare, ad esempio, su quante piante in tutto dovranno essere tagliate e su quali sono stati i criteri di scelta (sembrerebbe mancare anche una relazione del sopralluogo effettuato pre taglio) perchè se qualcuno sottolinea che ad essere abbattute sono le piante secche e malate, nei fatti, ammucchiate da una parte e l’altra della pineta, ci sono anche i rimasugli di tronchi in ottimo stato di salute. E poi la bizzaria consiste anche nell’assoluta assenza di cartellonistica atta a segnalare la presenza di un cantiere: niente recinzione attorno all’area soggetta al taglio né il classico cartello che indica la consistenza dei lavori, il committente, la ditta chiamata per effettuare gli interventi né, tantomeno, l’importo degli stessi.
Tra confusione ed incredulità l’unica notizia buona è che ci saranno un po’ di giorni di tempo per provare a fare chiarezza: il cantiere resterà chiuso, infatti, per una ventina di giorni. Da togliere, tuttavia, resta il materiale legnoso (lavoro in parte già effettuato) che, a questo punto, ci si chiede un po’ dove andrà a finire. Il dubbio che possa andare a favorire il mercato delle biomasse resta un’ipotesi avanzata dai partecipanti al sit-in.
La gestione del patrimonio naturalistico è, purtroppo, materia assai calda, soprattutto dopo la recente approvazione del nuovo testo unico forestale da parte dell’uscente governo Pd, che mette a repentaglio la salute di numerose aree verdi in Italia tanto da destare le polemiche di numerosi esperti del settore tra associazioni e mondo accademico. Nuova normativa che, tuttavia, in qualche modo dovrebbe tutelare le aree protette. Dall’altra resta la questione della sicurezza, un eterno dilemma in questo senso. La paura è che le piante possano, per motivi eccezionali, cadere sui binari. Tra realtà e ipotesi però c’è di mezzo quella confusione che ora cittadini e comitato TerrA vogliono chiarire.
Simona Pace
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