Eccoci qui, di nuovo dietro un display.
Fermi, immobili, sempre nello stesso posto, tanto ci pensa il mondo a girare nello spazio senza fine, costringendoci ad attraversare zone d’ombra o luce intensa, un po’ al caldo e un po’ al freddo, ora a testa in su e ora all’ingiù.
“Dove eravamo rimasti? Cosa stavamo dicendo?”
Salgo con rinnovato entusiasmo su questa nave appena varata e voglio sottolineare, nel presente SECONDO PRIMO post, la mia stima per il capitano P , a cui auguro di solcare, insieme a tutto l’equipaggio de “Il germe”, tanti mari; affrontando qualsiasi tempesta per approdare in ogni dove.
Io, semplice mozza o forse molesta passeggera, viaggerò con e grazie a loro.
Fine salamelecchi.
Nel frattempo sono stata bene o almeno così ho sempre risposto alla seconda domanda più abusata della storia: -Come stai?
(La prima è: -Posso offrirti un caffè?)
Poche cose sono cambiate nella mia vita da quel dì in cui il post non si postò e tutto tacque.
Ho scoperto il piacere di spignattare: compro la verdura, la lesso, la soffoco, la ripasso e a volte la impasto. Il segreto per cucinare bene che ignoravo non era un ingrediente misterioso, ma un approccio diverso nei confronti di tutta la questione: basta iniziare a preparare i pasti un po’ prima; tenere la fiamma bassa e l’aspettativa alta, senza aver fretta di finire; godere di sapori, odori, vapori e colori; perdonare le sbirciatine curiose e gli assaggi golosi sotto i coperchi; gustare un po’ di vino nell’attesa che sia pronto e sedersi a tavola felici.
Ho imparato a non correre: a rallentare per avere l’opportunità di essere raggiunta e quindi non sentirmi sola.
Ho imparato a sfumare i contorni evidenziando il centro, a non aver paura di essere me stessa, a non giustificarmi, ad accettarmi e ascoltare le critiche.
Ho imparato a non voler piacere a tutti, tanto neanche a me piacciono tutti.
Ho imparato a non pretendere di essere sempre allegra, a ridere solo quando è il caso, a concedermi il lusso di essere triste e di non capire le battute, a scrollare le spalle e a dire “No”, anche se poi:
-Come stai?
-Bene!
Ho imparato a soprassedere: a sedermi sopra.
Mi siedo sopra le questioni più importanti, rimandando decisioni, giudizi e rabbie ad un secondo momento, con le bocce ferme, la luna dritta e la spontaneità in saccoccia. Razionalizzare. Pensare. Non sproloquiare. O almeno non sempre.
Ho imparato a non cercare di avere necessariamente ragione, ad accontentarmi di essere felice; ad ammettere le mie colpe, pur non sottovalutando i miei meriti.
Certe cose non si apprendono dai libri o da internet: non le insegna un tutorial su YouTube.
Certe cose ti svegli una mattina, dopo una notte quasi insonne, e le sai. Spegni la sveglia, ti avvii verso la caffettiera e senti di essere diversa.
Puoi offrirti quel caffè di cui parlano tutti e te lo fai forte come piace a te.
Ti approcci.
Cerchi un contatto con la parte più vera di te stessa, quella nascosta dietro ai sorrisi e alle lacrime. Quella sorniona che non ha pianto né riso mai: rimaneva neutra in attesa e osservava tutto. Aspettava che le venisse offerta un’occasione…o un caffè.
“gRaffa” come io scelsi o Giraffa come piace a molti, non ha importanza: sono quello che leggete, a prescindere da nomi e definizioni.
Mi chiamo Raffaella, ho quarantacinque anni ancora per qualche mese, due figli e tanta fame di emozioni. Cerco un lavoro, una crema che mi faccia scomparire le occhiaie, la ricetta perfetta del tiramisù e un orecchino che ho smarrito la scorsa estate.
Nel mezzo del cammino della mia vita sono uscita dalla selva oscura a spallate e spintoni. Ho fatto male a qualcuno, ma è stato indispensabile. L’importante è che ora abbiamo tutti l’opportunità di riveder le stelle, basta volerlo e alzare gli occhi al cielo: stanno lì.
Ben ritrovata! una fan:-)
Grazie di cuore Eleonora! <3