Come in attesa di un contesto più ospitale, un passeggio più affollato o un’accoglienza più partecipata che potessero giustificarne la riaccensione, la Ruota, intrattenimento meccanico d’altri tempi, stazionava immota nell’elegante piazza maggiore sulmonese, ai piedi del severo Morrone dipinto di neve sullo fondo, ad allietare le ferie natalizie.
Con la sua impuntura di leddini spenti però, i vagoni vuoti ciondolanti al vento, il megafono a corto di annunci altrogiroaltracorsa, umiliato alla gracchiante playlist dei gingle tradizionali, quella ruota ferma ha dipinto le festività di malinconica nostalgia, trasportando il passante nel mondo fatato di Lucignolo che se la rivendeva a Pinocchio spacciandogliela come Paese dei Balocchi.
Solo che già ai tempi di Pinocchio, per convincerlo a salire, un requisito la giostra doveva garantirlo: superare in altezza qualsiasi ostacolo alla vista, più su del campanile più alto, da dove nessuno avesse mai guardato.
Sola e miserella invece la nostra, poggiata laterale nello smisurato plateatico come un carillon sul comò quando spolveri, senza nemmeno la solita bancarella di nocelline americane a farle compagnia, alla vista dall’alto della passeggiata del Corso metri più su, sembrava ambire in punta di piedi, nascondendosi timida fra i giganteschi archi dell’Acquedotto Medioevale, le vette dei palazzi attorno (tre piani si e no) per concluderne mesta, che no, a malapena riusciva a spiare la privacy delle stanze ai piani alti attorno.
Insomma, più che Ruota Panoramica, poverina, un Ruotino di Scorta, di quelli provvidenziali in emergenza e poi, appena riparato il danno alla ruota vera, via nel bagagliaio.
In condizioni ordinarie se ne chiederebbe le ragioni all’amministrazione che l’ha decisa se non fosse che, proprio in concomitanza con l’apparizione della giostrina a costituirne nefasto presagio, il sindaco, minato da questioni ben più serie, è stato dimesso.
E così quel Ruotino Diversamente Panoramico assurge a icona rappresentativa, simbolo di fallimenti reiterati in loop, malinconica perché dai destini risaputi eppure ostinatamente ripetuti ad ogni giro di giostra. Qui, come in tante altre province italiane parimenti depresse, i fallimenti amministrativi si susseguono da decenni, bipartisan e a cadenza via via più ridotta, senza che l’ennesima deifallance generi mai una riflessione sull’inceppamento del meccanismo, trincerandosi invece dietro il solito scarica barile ai traditori di turno: gli ex, cioè a giro tutti, che, a un certo punto, puntuali, ci ripensano e migrano ad altra fazione.
Ma a decidere quando e chi cade o nasce, fateci caso, non è la Città, non siamo più noi quanto, complice una legge elettorale barocca, il gioco della politica; tradotto, un intricato risiko di tecnicismi, nomi, nomine, ricatti, poltrone e incarichi che non sarebbero giustificabili in una congiuntura rosea ma che, nelle ristrettezze di bilancio attuali, diventano una recita grottesca e autoreferenziale:
una giostrina di pupi siciliani confinati a baccagliare dentro il loro teatrino.
E i pupi chi sono? Sono gli stessi personaggi, da sempre, qui come in ogni borgo, paesetto e territorio depresso, con il rispettivo codazzo da passeggio serale di aspiranti e questuanti. Anche i rari fra loro animati dai migliori propositi e da fini progressivi, agiscono comunque come se la città fosse preoccupazione e incombenza loro esclusiva e i fallimenti solo attacchi personali di cui vendicarsi, per essersela saputa conquistare nel tempo e quindi meritarne ad libitum governo e responsabilità. Oppure di averla semplicemente ricevuta in dote da vassalli e valvassori precedenti o gerarchicamente superiori come ai tempi delle signorie, attraverso l’unzione benedetta dall’elettorato a candidati di consigli di amministrazione e/o comunali. In ogni caso, qualunque sia l’investitura che ce li ha messi, tanti Aureliano Buendia di marqueziana memoria, figlio del fondatore di Macondo che, in quanto figlio, è vocato dal destino a prendersi cura delle sorti di Macondo.
Naturalmente, per il bene di Macondo.
E così il personalismo che ha dominato la scena politica degli ultimi 40 anni ha generato in ogni provincia depressa come la nostra, un’oligarchia autoreferenziale che tiene accesa la giostrina locale, isolata pure dalle giostrine delle comunità circostanti, incapaci di fare rete mettendo a sistema le rispettive valenze e mortificando la cosa pubblica a spettacolo da teatrino decadente, senza possibilità di reale ricambio di risorse, competenze e visioni altre.
E’ così da tempo, da quando le comunità hanno accettato l’ossequio ai burattinai locali per la raccomandazione o il privilegio che ciascuno quatto quatto ne avrebbe potuto ottenere: i territori si sono chiusi nel circoletto ristretto dell’oligarchietta locale fino a decretarne il definitivo spegnimento, trasformando ogni singola illusione di privilegio parentale in dramma collettivo.
E’ così da tempo ma non è necessariamente solo così che può e deve andare.
Anzi, la ruotina panoramica sulmonese ha definitivamente sancito la sfioritura delle promesse di Paese dei Balocchi, i presagi di decadimento reso più pressante la rottamazione della giostrina stortignaccola e malfunzionante, urgenti nuove visioni, nuove modalità e un nuovo gruppo elettrogeno.
Come promette Plutone, definitivamente uscito in moto diretto dopo decenni, dal Capricorno.
Antonio Pizzola
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Grazie per 2 motivi il primo perché come noto scrivi benissimo il secondo perché “purtroppo” hai ragione
Apprezzo l’aver ricordato ai cittadini il come GIRA la politica nel Bel Paese, effettivamente ne abbiamo perso il senso e il pensiero critico… stiamo troppo bene tutto sommato!
Il GIOCO della politica certamente gioca a loro favore, e le regole del gioco se le sono calzate a pennello come si suol dire, e non è certamente cosa facile muovergli battaglia.
Disconosco parzialmente la particolarità di incancrenimento nelle sole zone marginali o depresse, il “sistema” funziona egregiamentee e nello stesso modo in ogni angolo della nazione, ancor più dove vi è ricchezza.
Quel che manca qui è quella ricchezza mentale per il prossimo che costoro non hanno mai avuto, anche per le motivazioni addotte nell’articolo, o che hanno perso via facendo, imbastardendosi nel sistema, e in tutte le formazioni politiche.. ripeto, TUTTI STIAMO TROPPO BENE e ci lasciamo scivolare tutto addosso, abbiamo tutti subito una lobotomizzazione al bene comune!
Non vi è alcun paese dei balocchi (non credo vi sia aria di festeggiamenti per la situazione della città), ne tantomeno presagi di decadimento (ci siamo fino al collo se non oltre).
E’ vero che occorrono nuove visioni, nuovi metodi e nuova spinta.. ma se le regole (le liste) le fanno loro, come si fa?
Dove sono le nuove fonti di energia cittadine? Il deserto creato a tavolino!
Chi vi ha coscientemente e realmente provato? E che impatto o impulso positivo ha prodotto?
Ma il maggior pregio da individuare è nel DOVE siano gli utenti coscienti di una nuova necessaria energia pulita! I genitori che hanno ucciso i figli! Questo abbiamo prodotto!
Mai creduto agli oroscopi, credo più a persone vogliose, laboriose e che producano risultati!