Un Morrone dimenticato, ma non proprio da tutti. L’uso pascoli è uno dei problemi affrontato nel post incendio dal comune di Pratola Peligna, tra i primi ad aver aggiornato il catasto incendi, che ieri sembra aver risolto la situazione di un allevatore del posto il quale, come normativa prevede, sulle terre arse dal fuoco non potrà più andare per un bel po’ di anni. Così la corsa contro il tempo, per non far perdere al pastore fondi pubblici, è stata quella di individuare un “quadratino” di terra in cui poter continuare la propria attività. E se a Sulmona le cose vanno decisamente più a rilento tanto che addirittura qualche allevatore del capoluogo peligno si era rivolto all’amministrazione della vicina Pratola, l’amministrazione Di Nino ha presentato a Regione e Parco Nazionale della Majella un progetto per ripulire la tagliafuoco dalla legna rimasta lungo i lati della pista.
“Si tratta di poca roba- spiega l’assessore alla montagna Fabiana Donadei-. Non abbiamo ancora individuato la ditta che provvederà alla pulizia, ma i soldi che il Comune raccoglierà non resteranno in cassa”. Il ricavato sarà utilizzato per porre una sbarra a chiusura della tagliafuoco, poco dietro la chiesa di Celestino a Bagnaturo, area nella quale sarà necessario anche un altro intervento, ossia la pulizia dei datati rifiuti venuti fuori proprio con l’apertura della strada tagliafuoco. “Si tratta di sterro e qualche piccolo pezzo di amianto” aggiunge Donadei che spera per l’approvazione da parte dei due Enti prima dell’estate prossima.
Nel frattempo si sta pensando anche a coinvolgere il gruppo di protezione civile per un eventuale punto di avvistamento incendi in vista della stagione calda, un qualcosa ancora tutta in divenire che, però, dovrà fare probabilmente i conti con i cambi in seno al gruppo pratolano e alla loro capacità di far fronte a questo impegno. A breve è previsto un incontro con l’assessore al ramo Nunzio Tarantelli.
E al Cai che parla di “corsa all’emergenza” Donadei risponde: “Ben vengano la protesta e i rilievi, ma le strade si rifanno con i fondi. Non con le pigne raccolte durante le passeggiate in montagna. E vorrei far notare che questi fondi si ottengono se si vanno a battere i pugni sui tavoli di Regione e Provincia (o qualunque altro ente), come questo Comune fa costantemente. Infine vorrei ricordare a questi signori che tutte le volte che abbiamo umilmente chiesto aiuto, sia durante l’incendio che dopo, non si sono mai fatti vedere né sentire”.
Simona Pace
quindi si può dire che le strade aperte, chiamandole tagliafuoco, sono servite alla fine per tagliare alberi e lasciarli sul bordo strada, cosi che adesso devono essere mandati in biomasse; per far felici le ditte che ci lavoreranno e stuzzicare gli appetiti di chi mette fuoco, nonché per fare in modo che il comune possa chiudere con una sbarra le strade che nel frattempo ha fatto aprire chiamandole tagliafuoco?