Nel Paese degli allenatori quando la Nazionale perde, dei vaccinologi se arrivano malattie, dei terremotologi quando la terra trema, dei prevenziologi dopo una catastrofe, di profugologi con ong, scafisti e guardie costiere, dei giurisprudenzologi se un accusato è assolto, quando un ponte crolla, manco a dirlo, siamo tutti pontarologi.
Tutti che sappiamo esattamente il punto di criticità di un nodo strutturale, il momento flettente ammissibile di una campata, lo sforzo limite al taglio degli appoggi. Tanti link e selfie a cedimenti il giorno dopo, di avvisaglie non arrivate, di denunce insabbiate, di l’avevo detto io, giusto ieri. Tutti che potrebbero rispondere all’esame di costruzioni su dove Morandi, che nella sua carriera ha fatto più ponti che cacche, ha sbagliato, dove cominciano le colpe dei costruttori, cemento secco, ferri lisci e copriferro insufficiente.
Tutti autostradologi e concessionologi a cose fatte ma mai nessun professorone quando quelle concessioni, nel mutismo arcoparlamentare e mediatico omnicomprensivo, furono concesse. Dove tutti questi geni della soluzione pronta quando i Prodi privatizzavano, i Berlusconi ci rinzuppavano, i Benetton ci finanziavano i partiti tutti, i Renzi prorogavano, i pedaggi lievitavano.
Zitti, tutti. Un popolo di misere vittime verginelle ignoranti.
Mentre la verità, a fare i seri per una volta, racconta una storia di silenzi, opportunismi e convenienze che non salva nessuno.
Il cemento armato è invenzione recente, si e no un secolo. Una tecnica che ha permesso non solo le architetture del novecento, roba per pochi fan architetti e ingegneri, ma a un intero popolo di ex contadini di proclamarsi provetti muratori e carpentieri fai da te per ricostruirsi un alloggio decente che pure prima della guerra era una grotta o una capanna.
E da qui è stato un attimo e via a speculazioni pluripiano, appartamenti terrazzatissimi zona notte e giorno, sale hobby interrate e mansarde illegali, seconde case a mare e montagna, escrescenze abusive e ferri d’attesa di diventare dote per figli prossimi e rendite di affitti, arricchendo un’intera popolazione convinta dal Capitalismo galoppante che l’unico investimento redditizio fosse il mattone. Che poi mattone non era più già dagli anni 50 lo si è capito solo dopo, quando come diceva il prof. di Tecnica delle Costruzioni all’Università, si seppe che il cemento non dura più di un secolo, che toccava manutenerlo, curarlo, rinnovarlo e rottamarlo, come una macchina col tagliando.
Ma intanto servivano strade per far correre la Fiat e portare ovunque i giuggerelloni delle vacanze, ponti e gallerie, circonvallazioni e viadotti. Tutti zitti gli italiani che non vedevano l’ora di sfracellarsi a 150 all’ora sui guardrail di lamierino zincato si e no a 50 kg di spinta ammissibile e pagare multe ad autovelox alle curve e ai dossi, come se quegli obbrobri pericolosi l’avessero fatti gli automobilisti.
Finchè le strade si sbucarono, gli asfalti lievitarono, i giunti invecchiarono, i palazzi crollarono e i sacrifici umani si moltiplicarono, un tot a calamità come tributo di sangue al dio Sviluppo che doveva macinare metri cubi, fregandosene dei costosi controlli, delle milionarie manutenzioni, ché i proventi degli investimenti dovevano quotare in borsa le concessionarie che dovevano finanziare i partiti che dovevano rinnovare le concessioni.
In una Fiera dell’Est che comincia con un topolino e finisce malamente in un circolo vizioso avvitantesi su se stesso per non ammettere vincitori.
Per questo il clima giustizialista a posteriori, i selfie coi salvatori dei cittadini, improvvisamente all’erta dal dormiveglia incosciente che teneva gli occhi socchiusi per svangare la sveglia, il tuttologismo spammato che azzecca colpe e pretende pene, fa ridere. E piangere.
Perché, a raccontarsela, la verità parla di mettere mano al portafogli dell’intero patrimonio costruito, storico e contemporaneo, dagli antichi borghi in pietra destinati a deperire in ruderi fino alle periferie metropolitane un tanto a metrocubo, a interi pezzi di città diventati musei di archeologie post industriali, più che per consolidarli ormai per abbattere, cambiare, sostituire.
Perché tutto, perfino i più avanguardistici materiali e le più promettenti tecniche costruttive a questo mondo hanno un tempo, che va prevenuto, progettato, programmato e abbattuto, quando finisce il suo tempo. Che gli investimenti nel mattone non sono redditizi come promettevano, che le cose si svalutano e deperiscono e tocca rimetterci soldi e tempo, e tanti, che il dio Sviluppo per come l’abbiamo creato e pregato è moribondo e tocca finirlo con un’eutanasia lunga e sofferente.
Che per le soluzioni pret a porter invece, un colpevole subito una bacchetta e via, senza impegno e rimessa, ci serve Silvan. O il mago Othelma.
Antonio Pizzola
(peraltro architetto)
…forse un po’ esagerato,le responsabilita’ non sono del dio svilupppo,purtroppo sono dei sudditi del nostro borgo italietta, diritti e nessun dovere….lo sviluppo sostenibile e’ una realta’vincente,naturalmente e’ possibile nei Paesi democraticamente evoluti,con Legalita’ diffusa,senso del dovere,meriti,capacita’,competenze,ecc per amministrare la Cosa pubblica, noi abbiamo i partiti ,la partitocrazia,politici e loro indicati,solo centri di potere,clientele,loschi affari,corruzione….
la privatizzazione per ridurre il debito pubblico con contratti ben fatti,un risultato di Prodi,poi…risaputi i fatti,tutti colpevoli,tutti innocenti diceva un capo ladrone…solo con punizioni esemplari,(giudici inclusi)confisca di tutti i beni,pene certe,Legalita’ diffusa,per uscire dalla palude…altro che perdono con percorso alternativo e nessun riconoscimento del danno causato…
La domanda è:”dove stavamo?”.
Personalmente lo ricordo e rivendico luoghi e fatti di cui sono stato protagonista.
È autodenuncia?
Se qualcuno lo pensa si proceda. Parliamone.
Basta con una caccia alle streghe che non aiuta a risolvere gli immani problemi che abbiamo, ma soltanto, forse, a far crescere un facile e gratuito consenso
Andrea non piacciono neanche a me le cacce alle streghe. C’è un però, però. Che se non si ha consapevolezza dei fatti che hanno portato ad un momento storico, cosa e come ci si è giunti, è facile ridurre la complessità dei fenomeni a un semplicistico chi c’era prima. Un pò quello che succede oggi, si comprime la storia recente in due-tre anni dimenticando quanto è accaduto prima, le cause e gli effetti
Sintesi semplicistiche, da chi, per oscuro impedimento, non vive la realtà piena ma ne desume da ciò che ricasca ai margini. La infestazione drammatica è, il potere sabaudo ancora nelle mani degli amministratori statali in tutti gli ordini. Le procedure ristrette sono anticostituzionali, però la tendenza generale nei lavori pubblici è proprio la scientifica e premeditata assenza di ogni programma di manutenzione perché verrebbe (e per immense somme di denaro pubblico) appaltato con normali procedure aperte con partecipazione a tutti gli aventi diritto ed in piena leale concorrenza con ribassi quindi al libero valore di mercato. Si perde tempo e si ritarda solo per arrivare ad applicare il pretesto della urgenza, quindi, delle procedure ristrette con inviti a pochi selezionati concorrenti che chiaramente poi, in chiuso accordo con i funzionari , non fanno ribassare i prezzi di perizie già gonfiate del doppio e del triplo proprio in previsione delle procedure ristrette . Il ponte di Genova quindi cade perché si arriva agli ultimi giorni con una perizia in appalto di ventisette milioni per un lavoro che al mercato libero vale meno ma molto meno di dieci, Ergo, l’apparato, per concederci la messa in sicurezza del ponte ci deve rubare 17 milioni, altrimenti, se non ruba la manutenzione del ponte non si fa e cadete giù.Questo a Genova,a Sulmona in tutta Italia ed in tutte le autostrade se, nel silenzio generale degli esperti abruzzesi, Toto si è inventato lo scalinamento dei piloni, ha dichiarato che il degrado è stato causato dal sisma e, in combutta col potere, si è fatto senza mercato 180milioni di false manutenzioni, che gli pagheremo con i pedaggi, in pseudo lavori che non valgono un quinto del valore che si è incassato.
Il ponte di Genova è collassato, molti si chiedono del perché e del per come. Con il senno di poi, di cui “son piene le fosse”,si cercano colpevoli, magari per lavarsi le sporche coscienze.Colpevoli, del resto, per catastrofi come queste,non si sono mai trovati. Basti pensare alla più nota, quella del Vajont, per dirne una. Processi durati anni ed anni, tra assoluzioni e qualche condanna. Sarà così anche per il crollo del ponte. Giuste le osservazioni di Pizzola,tra l’altro architetto e quindi della materia. Io non sono della materia, ma sono del parere che le opere che richiedono sicurezza, specie quelle delle strade ed autostrade, debbano essere fatte dopo attenta analisi da un team di esperti,dell’impresa e di parte avversa. Sempre con il senno di poi, quel ponte mi sembra troppo ardimentoso, specie se si mette in conto l’usura del cemento ineludibile negli anni. Perché farlo così alto ed incombente sopra dei condomìni abitati da famiglie? Non sarebbe stato meglio impegnarsi nella realizzazione di una bretella detta ora gronda? Colpa del progresso dice Pizzola; non solo il progresso che nessuno potrebbe fermare, non è possibile restare ai tempi della clava e della fionda, ma la fretta di arrivare ad una conclusione avallata dall’insipienza politica e dei tanti movimenti che vorrebbero immobilizzare la nazione ed inchiodarla allo status quo. E poi noi critichiamo l’oscurantismo, dimenticando che la storia cammina con le gambe degli umani. Ora a Genova avrebbero la gronda e Morandi non avrebbe mai edificato quel ponte ardimentoso, che è crollato portandosi appresso 43 poveri morti , che mai avrebbero immaginato quella sorte crudele per incuria ed insipienza di alcuni. I soliti sfasciacarrozze.
Preciso che non sono contrario allo sviluppo, contraddirrei peraltro la mia formazione. Sono piuttosto contro un certo neoliberismo sfrenato e speculativo e ancor di più contro l’ipocrisia, il pressapochismo e la cialtroneria. Pensi che Morandi io continuo a stimarlo
Caro Pizzola, non è questione di stimare o meno Morandi è questione di saper vedere oltre il proprio naso. Oltre il talento serve anche la lungimiranza. Proprio questa mattina seguivo canale 23, dove un ottimo storico dell’arte e professore universitario inglese, Simon Schama, parlava delle grandi opere di G.Bernini. Quando si trattò di erigere due campanili, ai lati della basilica di San Pietro in Roma, uno di essi appena finito ,dopo appena due mesi, cominciò a cedere mostrando delle crepe. Il papa lo fece abbattere, prima di far danni ed i campanili non si fecero più. Ho pensato al ponte di Genova ed al suo grande progettista. Il mio esempio sta a dimostrare che, anche i grandi geni possono sbagliare e secondo me, a lume di naso per carità, su quel ponte qualcuno ha sbagliato nella progettazione e non solo nella manutenzione. Chi ce lo potrebbe dire? Non basta più il fatto che sia crollato? Tanti saluti.
Condivido assolutamente, l’errore è umano. Ma la noncuranza e l’assenza di un opportuno controllo nutre l’ipocrisia collettiva che ha bisogno di capri espiatori, meglio se defunti e quindi imposdibilitati alla difesa, per lavarsi la coscienza e dirsene indignati
bene,ragione da vendere per la cialtroneria,sciattezza,approssimazione,dilettantismo dei tanti politici e loro indicati…il progettista nel lontano 1979 aveva lanciato l’allarme,
pressapochismo incluso….la partitocrazia,(il nostro male maggiore,unico paese al mondo) i politici con i nominati presidenti,direttori,manager,ispettori, ecc tutti fannulloni,incapaci,
incompetenti e soprattutto “negligenti di parte”,hanno fatto finta di niente,anzi hanno sottoscritto contratti svantaggiosi, a totale convenienza,facilitazione delle societa’create appositamente per raccogliere i frutti,gli utili,le opportunita’delle concessioni,di cui le esigenze per il debito pubblico…quindi : “volutamente” nessun beneficio per i proprietari,i Cittadini…
le ragioni,le responsabilita’ agli interessi particolari della partitocrazia…o no?