L’ordinanza del presidente della Regione Marco Marsilio, la 32 del 10 aprile, quella che impone misure stringenti per le residenze per anziani, loro vorrebbero anche rispettarla e anzi nelle ultime due settimane hanno tempestato di pec e richieste informali la Asl, solo che nessuno finora gli ha spiegato come, dove e chi dovrà eseguire i tamponi al personale richiesti per legge. Così, a fronte del lodevole sforzo fatto dalle strutture di riposo del Centro Abruzzo (undici in tutto tra residenze sanitarie, assistite e comunità alloggio), di fatto le stesse sono ad oggi “fuori legge”.
Né la storia dei tamponi è di quelle che si risolverà in fretta e non solo per i 138 operatori delle residenze per anziani del territorio: perché di tamponi non ce ne sono a sufficienza, non si sa chi deve somministrarli e neanche chi dovrà processarli. C’è chi tra i gestori delle undici strutture si è rivolto anche ai privati, ma anche qui, eventualmente una volta eseguiti, bisognerà vedere chi potrà processare i test, considerando che, come ha insegnato il caso della San Raffaele, non sempre le provette sono compatibili con i macchinari dei laboratori Asl che, oltretutto, sono autorizzati a processare solo il materiale che arriva dalle stesse Asl. Un cane che si morde la coda, che, a Sulmona, è quella del “diavolo”, perché di fatto da domani c’è il rischio che neanche il pre triage dell’ospedale possa effettuare i tamponi. L’incarico dei medici in servizio è infatti scaduto e probabilmente si dovrà sostituirli con degli specializzandi in medicina, perché non è che si può svuotare l’ospedale per fare i tamponi. E d’altro canto solo ieri sono iniziati i test sui 31 positivi presenti in Centro Abruzzo che da giorni attendono con ansia un tampone nella speranza di negativizzare il virus.
Una cosa è certa: la prudenza e l’attenzione dei gestori delle residenze per anziani ha evitato finora il peggio. Nessuno dei 316 ospiti ha presentato finora sintomi da Covid, anche e soprattutto grazie al fatto che quasi tutte le residenze hanno anticipato i tempi, chiudendo già tra fine febbraio e inizio marzo l’accesso agli esterni, munendo tutto il personale di dispositivi di protezione e, dopo l’ultima ordinanza, attenendosi scrupolosamente (tamponi a parte) alle disposizioni, fino ad evitare di accogliere altri ospiti (nonostante le liste d’attesa) e ad impedire agli stessi fornitori di entrare nelle strutture.
Vale la pena di citarle queste residenze che da Sulmona spaziano fino alla Valle Subequana e all’Alto Sangro.
A Sulmona ci sono la Casa Santa dell’Annunziata (residenza protetta da 45 ospiti e 14 addetti), che gestisce anche la Colaianni di Roccaraso ( (12 ospiti e 5 addetti). Poi, sempre in città, la residenza per anziani Monsignor Cercone del Vescovado (52 ospiti, di cui uno in attesa di rientrare in struttura e 18 operatori), la RA Mazara (35 ospiti e 15 dipendenti) e la comunità alloggio di Cantone (12 ospiti e 5 addetti). A Bugnara c’è poi Villa anni sereni (20 ospiti e 8 addetti), mentre a Raiano la RA San Venanzio che ospita 42 anziani e impiega 17 persone. Ci sono poi le strutture gestite dal gruppo Salutari: la Sant’Ubaldo di Corfinio (34 ospiti e 15 addetti), Villa Franca a Castelvecchio Subequo (25 ospiti e 12 addetti) e la RSA San Pietro ad Alfedena (20 ospiti e 12 addetti). Infine la RSA San Domenico a Villalago dove ci sono 20 anziani e 17 dipendenti.
A loro il plauso di aver saputo evitare quel che è accaduto, purtroppo, in tante altre strutture simili del Paese.
Avete dimenticato il Santa Lucia a Sulmona, 32 ospiti e 14 dipendenti.
Avete racontato una cosa terribile.
Altro che “fase due”!