Si sono ritrovati da un giorno all’altro “il morto sotto casa”, nonostante vivano di fatto in centro città. Una Casa funeraria aperta dall’oggi al domani in via Edward Lear a Sulmona, in piena zona residenziale insomma, in deroga alle norme urbanistiche e nonostante un’apposita delibera consiliare che nel 2016 ha definito che tali strutture possono essere aperte solo nelle zone artigianali, nel Pip, zone per attrezzature tecniche e socio-sanitarie, anche in virtù del fatto che le Case funerarie debbono osservare “la distanza minima di 50 metri – si legge nella delibera-regolamento approvata nel 2016 – misurata dai fili esterni di fabbricati che ospitano attività sanitarie pubbliche o private, o socio-sanitarie, o di vita collettiva, affinché sia rispettata la disposizione che ne vieta anche l’ubicazione nelle loro immediate vicinanze”.
La struttura che manca al momento di un’autorizzazione all’esercizio, ma ha presentato in Comune solo un progetto che non ha ricevuto risposte (e quindi ha usufruito del silenzio assenso dopo 90 giorni), ha già ospitato qualche defunto e ha di fatto aperto i battenti, in virtù dell’interpretazione, molto controversa, di una legge regionale del 2020 (la Legge 29) redatta a seguito della crisi pandemica e finalizzata a “reperire maggiori spazi al fine di rispettare le misure di distanziamento sociale per fronteggiare la diffusione del Covid 19”.
Secondo tale legge (art.26 comma 2) “è consentita, previa comunicazione al Comune competente, l’utilizzazione temporanea di immobili privati siti nelle immediate vicinanze (delle attività economiche, ndr), o parti di essi, per usi diversi da quelli previsti dal vigente strumento urbanistico, per una sola volta e per un periodo non superiore a due anni”.
Una norma, in realtà molto generica, tanto da aver spinto ora il Comune a richiedere un parere interpretativo alla Regione, perché nei fatti quella aperta è un’attività diversa, anche come codice Ateco, da quella esercitata dai proprietari (onoranze funebri) prima.
In questo caso non è questione di cavilli, ma anche e soprattutto del rispetto del rigido protocollo sanitario previsto per le Case funerarie: un locale specifico dedicato all’accoglienza e alla preparazione della salma, uno per l’esposizione del feretro, celle frigorifere per la custodia, eventuale locale separato per il commiato, un locale per i visitatori per l’attesa, uno per l’attività amministrativa, bagni separati per personale e pubblico, spogliatoi, locale per deposito delle attrezzature, uno per i rifiuti, uno per l’equipaggiamento per la sanificazione, un’area ristoro per i visitatori, etc.
Il progetto depositato in Comune è corredato da un parere della Asl che, tuttavia, spiega, non ha rilasciato alcuna autorizzazione, anche perché non esiste agibilità né autorizzazione all’esercizio.
Secondo gli uffici comunali, che ora stanno approfondendo la vicenda, la semplice comunicazione potrebbe essere sufficiente ad andare in deroga, per due anni, a tutte le autorizzazioni necessarie.
Ai residenti della zona non resta che unirsi alla “preghiera”.
Unica strada asfaltata da questa amministrazione comunale