Il suo profilo Facebook è un pullulare di immagini sacre: madonne, presepi, santi e chiese. Una donna di età avanzata che si professa segretaria d’azienda, un selfie con la Meloni, le foto dell’Abruzzo che ha nel cuore e amicizie di un certo spessore tra ex magistrati e giornalisti. La signora Maria Di Pietro da Pescara è una donna normale, una qualunque, una da cui non ti aspetti tanta violenza verbale, l’odio invadente, la rabbia da bava alla bocca. Lei, questa distinta signora oltre la mezza età, martedì scorso ha lanciato, non solo lei, i suoi strali violenti contro l’avvocato Teresa Nannarone, ex assessore provinciale, che si era permessa domenica scorsa, durante il comizio di Matteo Salvini a piazza XX settembre a Sulmona, di srotolare dal suo studio che affaccia sulla piazza uno striscione con una frase di Ovidio: “Empio è colui che non accoglie lo straniero”. “Vaffanculo-stronza, ti dovrebbero stuprare”, ha scritto questa signora della borghesia di provincia, mentre nella mano stringeva un rosario, a commento di un articolo della collega Lilli Mandara, mettendo il tutto in maiuscolo, “gridandolo”, come si legge nel codice del web. E dando la stura, poi, al sessismo e ad altri beceri commenti (“magari alla Nannarone gli piace”), che a quelli, ormai, purtroppo, ci si è quasi abituati. La montagna di solidarietà bipartisan ricevuta dalla Nannarone, non è sufficiente però a ridurre la portata del fenomeno, quello dell’odio che prende il posto della ragione e del confronto. Perché, magari con altre parole e altri toni, la politica, sotto campagna elettorale in special modo, ha scatenato istinti bestiali e aggressività latente in molti. C’è il professore, che chi sa cosa insegna ai suoi ragazzi, a distillare odio e offese; la candidata dell’ultima ora a sfregiare l’intimità di un dolore di una sua rivale politica; l’imprenditore a dare degli schifosi buonisti ad un gruppo di ragazzi che sfila civilmente in dissenso. E’ il cortocircuito dell’umanesimo e dell’umanità, che va di pari passo con la paura del diverso: come una pagina girata al contrario a riaprire il capitolo del Medioevo. L’involuzione della politica diventata leaderismo, degli slogan che sostituiscono le analisi, dei capitani e delle compagnie di ventura, lanciati a sottomettere vassalli e servi della gleba. Con chi, da uomo e donna liberi, resiste e non si stanca di far rotolare pensieri e cultura, sperando in un nuovo umanesimo.
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