Tre giorni fa diceva che era “tutto sotto controllo”, ieri e a quanto pare ancora oggi che bisogna istituire la zona rossa in città. Nonostante le titubanze espresse da maggioranza e opposizioni e nonostante il chiaro comunicato della Asl che smentisce ogni ipotesi, per il momento, di un provvedimento più restrittivo.
Se in un momento di confusione e paura come quello che sta vivendo Sulmona (e il suo circondario) era necessaria una figura di riferimento, una di cui fidarsi, certo questa non può identificarsi nella prima cittadina che in questa emergenza più che in altre, sta dimostrando di non avere nervi saldi e visione d’insieme. Anche il suo intervento ieri nella conferenza dei capigruppo, prima occasione di confronto istituzionale e informale con il consiglio comunale (a cui in questi giorni non ha mai dato retta), ha dimostrato di navigare a pancia, più che a vista, raccontando ai telecollegati tutte le frustrazioni dell’essere un sindaco senza stellette. Con il ritornello “dell’io non ho poteri” e sventolando le lettere spedite alla San Raffaele come per dire “il mio l’ho fatto”, e ancora annunciando la richiesta di chiusure totali, senza aver verificato prima con gli organi preposti se questa sia una strada percorribile e possibile. Come fosse una chiacchierata da bar, insomma, se i bar fossero ancora aperti.
A cercare di ricondurla a maggiore cautela ci ha provato per primo il consigliere di maggioranza Andrea Ramunno e a seguire quello di opposizione Maurizio Balassone, che fare una zona rossa tanto dal punto di vista psicologico che pratico, vuol dire candidarsi ad un calvario non indifferente. Non che la cosa non possa essere necessaria, specie se nei prossimi giorni i risultati dei tamponi dovessero disegnare uno scenario del contagio più ampio, ma di certo la decisione va presa eventualmente su basi scientifiche o almeno oggettive.
E invece, in questa storia, neanche i dati sembrano essere certi, con sindaco, clinica e Asl che si smentiscono reciprocamente. Come d’altronde è avvenuto per la questione dell’ospedale no Covid ma Covid o ancora con le ordinanze inefficaci e in contrasto con le direttive nazionali.
Il caos nella comunicazione, d’altronde, è l’altro punto dolente della gestione di questa crisi che la Casini sta affrontando, come è da suo carattere, con piglio accentratore e autoreferenziale. Con la presunzione di poter fare a meno del consiglio comunale, dei sindaci del territorio, dei consiglieri regionali e dei parlamentari, che pure su questo territorio vivono. Con la differenza che questa volta non si tratta di distribuire qualche euro per il Bimillenario, ma di affrontare un gigante invisibile e che uccide.
Il Pd, in una nota, traccia bene l’impressione: “Una facile, demagogica occasione di propaganda, piuttosto che di reale comprensione degli eventi che si stanno verificando e, di conseguenza, delle misure da adottare”.
Con un ammonimento finale: “Ne è valsa la pena (tenerla in sella)? E’ stata la scelta giusta per l’interesse di questa comunità?”.
La risposta non arriverà a tardare alla fine di questa brutta pagina di storia.
Dimissioni meglio un commissario
Scusate ma è normale passare dal non accettare i malati di covid in ospedale a chiedere la zona rossa nel giro di un paio di giorni!!!Quindi doverci chiudere nella valle senza un’ospedale in grado di poter accogliere i malati?? Non ccapisco🤔🤔🤔
Ha cambiato 10 versioni nell’ultima settimana.
anche la sua collega , da ZONA BIANCA A ZONA ROSSA il passo è stato brevissimo non ne hanno azzecata una . Povera Valle Peligna.