Delfio Manasseri era uno che la pazienza la perdeva spesso tra i banchi del consiglio. Urlava Delfio, con la sua erre moscia e la passione di chi ci credeva. E chissà quanto ha urlato, ieri, a cinque anni dalla sua morte, dal letto di marmo che lo accoglie, all’indirizzo dei banchi dell’Aula di palazzo San Francesco. A sgranare gli occhi, come faceva lui, e far precedere il pensiero alla parola. Chissà cosa ha detto, a poterlo sentire, commentando lo sguaiato urlare dei suoi eredi, più attenti agli attacchi personali che ai contenuti politici. A fare commenti su vestiti, bracciali e guanti. A confondere la tecnica della politica con la politica.
Delfio urlava e si infervorava, a volte si faceva scappare anche qualche parolaccia, ma dietro a quegli occhi sgranati e il viso rosso di rabbia, c’era sempre un contenuto politico. Che fosse un progetto europeo di reti transnazionali (di cui qualcuno derideva l’utopia), o quello di un sistema di rete di protezione civile, fino alla manutenzione programmata delle strade: c’era sempre e comunque una logica amministrativa e un valore della politica.
Mica come ieri, nelle sedie che l’ospitarono per tanti anni, dove una maggioranza in carica confessa candidamente di aver voluto mandare a casa, di aver anzi “tramato” raccogliendo firme anziché cercare il confronto in Aula, la sindaca che ora “sostiene”, per usare un eufemismo. Con gli schiaffi dati alla persona, prima che all’istituzione e le improbabili capriole di una retorica senza conoscere la grammatica.
O di un sindaco il cui obiettivo unico e dichiarato è quello di arrivare a fine mandato, con chi e quali metodi e obiettivi poco conta.
O ancora di un assessore che sfida il consigliere che lo critica con un “te lo spiego fuori”, o di un consigliere che dall’opposizione gestisce due assessori e fa il pesce in barile seduto al fianco della sua consigliera di cui è capogruppo, ma che è momentaneamente e opportunisticamente uscita dal gruppo. Come un Jack Frusciante qualsiasi.
E cosa avrà detto, da quel letto di marmo, della tanta e troppa ipocrisia, dei saltimbanco e dei salta banco, della coerenza questa sconosciuta.
Dei padri e delle citazioni, passate dai libri di Gramsci all’ultimo episodio di “Scherzi a parte”.
In fondo ha ragione la sindaca Casini quando dice che questa città non è pronta a nuove elezioni, che manca un progetto politico per la città (il suo compreso), che questi quindici mesi di tempo che separano Sulmona da nuove elezioni, potranno servire a qualcosa. Innanzitutto, si spera, a ricostruire una classe politica e un po’ di classe nella politica.
Siamo più scemi noi che ne parliamo ……oggi inizia la settimana di carnevale ….e loro possono essere solo questo……maschere …che però non fanno nemmeno ridere!!!!!
Non ho conosciuto Manasseri politico. Ho conosciuto Manasseri medico.
Sono stato un suo paziente perché è stato il primo, a Sulmona, a utilizzare le analisi.
Fino ad allora ci si rimetteva alle vere o presunte doti cliniche del medico.
Manasseri, per primo, cominciò a prescrivere le analisi.
Forse questo non lo ricorda nessuno, ma Manasseri era anche un tipo nervosissimo.
Si arrabbiava facilmente e faceva il “pazzo” nello studio.
Ho assistito ad una delle sue sceneggiate.
Allora pensavo:” medice, cura te ipsum” !