Il Paese galleggiava in una decadenza paludosa da tardo impero.
Le Ultime Elezioni, da tempo agognate ma altrettanto a lungo rimandate, avevano portato un movimento di giovane popolo al governo, contro gli avanzi della sinistra ormai in putrefazione e una destra depressa dal suo Gran Mogol che invecchiava.
Dopo un estenuante ping pong per raggiungere la maggioranza in parlamento l’Ex Webbista a guida del Movimento decise di allearsi col demonio: un signor qualunque al 2%, con velleità da tribuno della plebe, portato alla notorietà dal Mainstream più radical, che lo voleva ossessivamente onnipresente a discettare di forche, per poi accusarlo di essere forcaiolo.
Il duo, l’Ex Webbista guida del Movimento e il Tribuno delle Forche, preoccupava non senza ragioni Il Paese di chissà quali esiti, lasciandolo a lungo indeciso sulla soluzione.
Finchè l’Estro Nazionale tirò fuori dal cilindro un altrettanto signor nessuno, detto Il Terzo.
Mix fra Gianni Morandi e Dino Zoff, Il Terzo, nominalmente capo ma anche un po’ paciere del trio doveva completare il Triangolo nella riedizione in chiave pop del Triumviro Romano che segnò la fine della Repubblica e l’avvento del Primo Imperatore Romano, Cesare Ottaviano detto Augusto della Gens Julia.
Ma quella è un’altra storia.
Il Tribuno delle Forche, come Craxi e Sara di Venditti nato sotto il segno dei Pesci, nel giro di pochi mesi aizzò le folle stufe della monotonia del Buonismo Dominante, proiettandosi nella popolarità che fu di Cincinnato, suo eroico predecessore, con frizzi, lazzi e vezzi del migliore circo nazionale.
Era ovunque, nelle piazze, al tg, a casa, con panettieri, barcaroli, salsicce, buonanotte nutella e buongiorno cotoletta. Il Mainstream non aveva obiettivi se non per lui. Con Nettuno in Scorpione gli girava da dio, aveva pure rimorchiato una che figurati se.
Il Terzo, intanto, ancora semisconosciuto ai più, covava in disparte, usciva tanto per correggere l’ortografia dei discorsi del Tribuno, quando le sparava troppo grosse sulle Carole delle Ong.
Il Webbista del Movimento, poverello, quel periodo ci aveva Saturno contro per cui, per quanto si sbracciasse, non riusciva a farsi notare. Di lui si sarebbe detto, come di Mussolini coi treni puntuali, “però fece la legge sul Reddito di Cittadinanza“.
All’apice dell’acclamazione il Tribuno, mai così a due passi dalla conquista dello scranno che fu di Cesare Ottaviano detto Augusto della Gens Julia.
Ma…
Colpo di scena. Come nei capannelli vintage di Porta Portese, carta vince carta perde, quando il complice punta sul bicchierino sbagliato, e tu, convinto, punti sull’altro comunque sbagliato, zac, improvvisamente perdi tutto, scandali, cose, case, frutte e salsicce, un vortice a caduta libera e il Tribuno è zittito.
Pausa.
Il Paese decide che il Webbista decide che il Movimento decide che la Piattaforma decide che il governo si fa con l’Avanzo di Sinistra, che, per l’occasione, per celebrare il trentesimo Governo Ombra dai tempi dell’invenzione dei governi ombra, volle chiamarsi Ombra Sinistra, che c’era ma non si capiva dove, quando e di chi era ombra.
Non ci fu tempo per provarli, purtroppo.
Giusto qualche mese per abituare il Paese alla faccia del Terzo, riesumato premier per destinarlo al ruolo che fu di Fabio Massimo Cunctator, il Temporeggiatore, duce temporaneo della Repubblica contro i terribili elefanti di Pirro:
una terribile pandemia investì il Paese.
Il Biumviro+Ombra si trovò dinanzi un insoluto dilemma da democrazia, che perfino i Padri Costituenti non avevano mai previsto, come gestire una pandemia ce lo poteva insegnare l’unica bigliografia esistente sul tema, i film di fantascienza.
Il Paese capì che non era tempo di sterili formalismi e pippe mentali radical. Liquidò in quarantena l’intero arco costituzionale, mise Ministri, Fantasmi e Ombre in smartworking, a combattere insieme agli altri milioni di dad, smart e zoom col modem a pile nel gabbiotto del portiere. Lasciando a Il Terzo la croce di autoplocamarsi Il Primo: il primo Primo della Storia non eletto, non imposto, non richiesto.
All’approssimarsi della Fine del Decennio la Penisola cadde nel panico più assoluto.
L’unità di misura del tempo fu il dpcm a tempo, che il Primo scriveva nottetempo, consultati gli aruspici, e proclamava urbi et orbi in solitaria, lui, le bandiere sullo sfondo e la mascherina, come Morgan Freeman all’America mentre dalla finestra arriva l’asteroide.
Il decennio si chiude su questo quadro, mentre si assestano le ultime pennellate: l’Arcangelo a cavallo sulla Trinità Disarcionata, il Tribuno calpestato , L’Ex Webbista invisibile, l’Ombra che vaga in cerca di un corpo per fargli ombra.
Il popolo al balcone puntuale all’ora d’aria a cantare Bella Ciao.
Su tutto, nel cielo azzurro madonnadifatima, la confortante MammaUè, con la sua quarta coppa b scollata che promette latte e siero per tutti, nolenti e volenti (almeno i volenti, si spera).
Ai suoi piedi, neri come corvi in attesa della consunzione, i riservisti di panchina aspettano il loro turno: Il Paese a gestire i soldi pretende chi di soldi che debbono arrivare ha esperienza e dimistichezza.
Ps: La gente non si chiese mai se stesse accadendo qualcosa di anomalo, a prescindere dalle ragioni e dall’opportunità che accadesse.
Si limitava ad avere paura.
Antonio Pizzola
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