La reazione era inevitabile, perché le parole messe nero su bianco dalla Cassazione sono macigni per la comunità e la politica. Perché Leonardo Ciaccio, mafioso, non pentito, ergastolano e che secondo la Suprema Corte non aveva diritto al beneficio di diventare bibliotecario a piede libero o quasi, è stato per sei mesi in giro per la città ed era diventato caso politico prima della sentenza. Quando in città si sollevarono i dubbi, trascinati fino in Aula consiliare da Teresa Nannarone.
E perché, soprattutto, il terzo motivo di ricorso da parte della procura generale dell’Aquila contro l’ordinanza del tribunale di Sorveglianza, è inquietante: una informativa del commissariato di polizia datata febbraio 2024 e completamente ignorata dai giudici della Sorveglianza, nella quale, nero su bianco, si mettevano tutti i timori di un potenziale e possibile contatto del mafioso con gli ambienti a lui conosciuti e noti della criminalità: pregiudicati e collaboratori di giustizia della stessa “famiglia” che vivono e frequentano quella scalinata di Santa Chiara, all’ombra di libri e quadri.
Un particolare che non è emerso, o almeno non è stato raccontato, quando a fine settembre a Sulmona si riunì la commissione di ordine e sicurezza, convocata anche e soprattutto per il caso Ciaccio: tutto sotto controllo venne detto, venne raccontato. E invece: invece la Cassazione ha rovesciato il tavolo e tolto il velo, su quel caso che molti avevano accusato la Nannarone di cavalcare strumentalmente.
“La sentenza della Corte di Cassazione segna un principio importante anche da un punto di vista politico: un territorio già gravato da presenze di appartenenti ad associazioni mafiose merita una valutazione puntuale – scrive la Nannarone -. Questo il principio a cui attenersi per il futuro, e questo è esattamente quello che avevo sottolineato intervenendo sulla vicenda sotto il profilo politico, oltre alla necessità per la popolazione di essere messa a conoscenza di tali presenze e del loro vissuto”.
Perché contro le possibili infiltrazioni in un territorio fragile ed esposto, per povertà e strutture penitenziarie, il fronte e la consapevolezza deve essere comune, le antenne dritte, da parte di tutti.
“Sarebbe utile che quante più persone possibili approfondissero questi argomenti per evitare che episodi simili possano continuare ad accadere sulle nostre teste e a nostra insaputa – aggiunge la Nannarone -. Ritengo altresì che il dovere della politica sia non porre limiti ai propri doveri perché è compito ineludibile proteggere un territorio e i suoi giovani”. Per i politici è un “imperativo etico – così lo definisce la consigliera – Diversamente in cosa si sostanzierebbe la loro azione? Nel girarsi da un’altra parte?”.
Punta un paletto a sostegno della Nannarone Sinistra Italiana, stupita dal “silenzio assordante che c’è stato sulla vicenda – scrivono Daniele Licheri e Fabrizio Giustizieri – rotto solo dall’azione coraggiosa e, purtroppo, politicamente isolata dell’avv. Nannarone. Riteniamo che la lotta alle mafie, con tutte le garanzie di legge, i diritti dei condannati e i sacrosanti principi di garantismo, debba sempre essere vigile e debba riguardare non solo gli organi di polizia e giudiziari ma anche la società nella maniera più diffusa. L’indifferenza e il silenzio, per ignavia o per paura, sono gli alleati migliori di chi agisce nel crimine ed è compito in primis delle istituzioni non prendere questa declinante direzione”.
Quando si cacano sotto o non parlano o fanno i garantisti !
Questa è la verità !
Brava Nannarone !
Comunque c è da aggiungere che viviamo il peggior periodo di decadimento morale dal dopo guerra .
La gente si è abituata a subire ….prima almeno si indignava ora nemmeno quello !
Spesso proprio dal cittadino “comune” si palesa l’indignazione per le azioni mafiose di certa politica ma anche il sostegno a chi, come l’avvocato Teresa Nannarone coraggiosamente “sfida” la politica affarista e distratta che ha dimenticato il proprio peculiare compito a difesa del cittadino comune e dello stato di diritto. P.s. Per favore non accostiamo il titolo di “bibliotecario” al pregiudicato. Che si faccia almeno per la memoria di tutti i Bibliotecari che da tempi antichi, con il loro certosino lavoro, hanno “dimostrato” con antichi libri e documenti la grandezza di Sulmona e l’operosità onesta dei suoi cittadini.
Quali sarebbero le azioni mafiose di certa, quale?, politica?
Quando si lanciano accuse così pesanti bisognerebbe avere l’onestà e il coraggio di circostanziarle di dire chi cosa come quando e non limitarsi a buttare il sasso nello stagno in maniera qualunquista.
Poteva la politica sostituirsi al tribunale di sorveglianza? In Italia vige la separazione dei poteri. O tale separazione vale solo quando fa comodo? Poteva esserci una maggiore indignazione? Probabile ma cosa avrebbe cambiato? E basta questo per bollare la politica, o certa, o le sue azioni come mafiosa?
Forse si dovrebbe usare con più moderazione il linguaggio
La POLITICA che si continua ad invocare non esiste più da tempo in questa città. Travolta anch’essa dall’ignavia di una Amministrazione evanescente che della politica ha il terrore. Con i c.d.
Politici in tutt’altre faccende affaccendati che la cura dell’interesse collettivo.
Macerie diffuse con picchi di situazioni eticamente censurabili sulle quali purtroppo bisogna registrare che anche i mezzi d’informazione non hanno esercitato una più pressante azione di censura……
Oddio quant’è brava la Nannarone,sempre pronta a scovare il pelo dentro l’uovo di questa amministrazione,ma soprattutto attenta che tutti lo sappiano,peccato che quando (e se) raggiungerà l’ambitissimo trono,il “premio” che le è stato promesso per questo intenso lavorio,deporrà finalmente le armi e tutto per Sulmona tornerà come prima,coi suoi problemi e le sue beghe irrisolte.Un deja vu che si ripeterà…da metterci la mano sul fuoco