Strabiliante pensare come in una città, nello stesso momento, quattro orologi possano battere un’ora diversa, in un viaggio tra presente e futuro scandito dallo scorrere delle lancette. Un tentativo di ripristino dell’ordine è ravvisabile nel segnatempo di Santa Maria della Tomba che, forse per intervento divino, segna con precisione l’orario effettivo, contrariamente agli orologi mal funzionanti sul palazzo del Vescovado (il cui orario è avanti di circa 10 minuti) e della Santissima Annunziata (avanti di circa 5/6 minuti). Un autentico viaggio temporale, ma senza macchina del tempo, che trova il suo punto di non ritorno in piazza XX settembre. L’orologio, ben visibile e fermo da tempi incerti sulle 7:25- o le 19:25 a discrezione di chi lo osserva-, si trasla come metafora di una piazza altrettanto spenta, ad oggi, priva persino dello sguardo paterno del poeta Ovidio.
Un orologio controcorrente, le cui lancette hanno smesso da tempo di girare ma che, almeno in due momenti della giornata, potranno svolgere la loro funzione segnando l’ora esatta.
Di certo gli orologi cittadini potrebbero non rappresentare una priorità per palazzo San Francesco, immerso nel vortice amministrativo, ma in quanto monumenti storici dovrebbero essere degnati di attenzioni, seppur minime, per dimostrare di non essere sempre in ritardo, almeno in questo. E invece no: va da sé che un’amministrazione moderna, al passo con i tempi, cosa dovrebbe farsene di antichi marchingegni che necessitano di accortezze? Perché bisognerebbe impiegare del tempo per reimpostare il tempo? Saremo costretti ad accontentarci, ad abbassare lo sguardo sul polso o su nuove tecnologie per dimenticare presto il misfatto. D’altronde non saranno mica degli orologi, siano mal funzionanti o fermi, a ricordarci di una città ferma e spenta, in attesa di un buon fabbro che ne sappia aggiustare i meccanismi.
Mariagrazia Verrocchi
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