“8 Marzo- Giornata dei diritti della donna”, ricordano in molti, sottolineando che questo giorno celebra le conquiste sociali, economiche e politiche, ricorda le discriminazioni e le violenze di cui le donne sono state e sono ancora oggetto in ogni parte del mondo.
Quest’anno è molto difficile celebrare l’8 marzo poiché nel significato di questa giornata è implicito il raggiungimento di una condizione di Pace. Non è possibile parlare di diritti delle donne quando a due passi da noi si sta consumando una delle guerre più assurde e anacronistiche di tutti i tempi.
Ai tempi della comunicazione facile, veloce e universale, non resta nulla alla nostra immaginazione: i visi, gli sguardi, le lacrime delle donne Ucraine sono la negazione di qualsiasi diritto. Le battaglie che ognuno di noi, nel suo piccolo, ha portato avanti per garantire quell’uguaglianza non ancora raggiunta pienamente tra uomini e donne, diventano una bolla di sapone e ci fanno sentire impotenti.
Non si tratta delle donne velate dell’Afghanistan o della Siria, lontane da noi e per le quali sentiamo di poter fare qualcosa; si tratta di donne europee con lo stesso nostro grado di emancipazione sociale per le quali sappiamo di non poter fare nulla.
O meglio, possiamo offrire loro un tetto sulla testa senza il rumore delle bombe (speriamo!), un pasto caldo, una coperta, una coccola ma non possiamo garantire loro i diritti, quelli fondamentali.
Non è forse un diritto per una donna vivere con la propria famiglia, compagno e figli, senza dover mai pensare di lasciare il proprio uomo sotto le bombe e fuggire per mettere in salvo sé stessa e i figli?
Non si può parlare di diritti di fronte ad una madre che vede morire il proprio bambini sotto una bomba perché quella donna aveva tutto il diritto di veder crescere il proprio figlio.
Non è un diritto imparare in poche ore a costruire una molotov utilizzando le bottiglie di plastica per difendere la propria terra per quelle donne che hanno deciso di restare e di resistere affidando i propri figli spesso a madri estranee nella speranza di salvarli dalla morte.
Forse le ragazzine di Mariupol o di Odessa o di Kiev non hanno il diritto di sognare e innamorarsi? Anche le bambine dovrebbero avere il diritto di giocare e di crescere pian piano, di fare capricci e di cercare coccole. Le immagini che rimbalzano sugli schermi di tutti quei bimbi che camminano senza protestare, mangiano quello che viene loro offerto, con un solo giocattolo stretto tra le mani sono la negazione di qualsiasi diritto.
Le interviste che continuamente vengono trasmesse a quelle donne, ragazze, bambine che si trovano al sicuro in Italia spesso dimenticano di sottolineare che, anche se trovano un pasto, un letto e un tetto sicuri, queste donne hanno dovuto abdicare al sacrosanto diritto di vivere nel proprio Paese, di parlare la propria lingua, di onorare le proprie tradizioni.
E se per noi la guerra è, per fortuna, roba di cui abbiamo soltanto sentito parlare dai nostri nonni, per i nostri figli è stata, fino a ieri, ancora più lontana da ricercare soltanto nei libri di storia. Eppure anche questa generazione dovrà abdicare ad uno dei diritti fondamentali: crescere e foggiarsi in una società che garantisca pace e tranquillità; perché si sente nell’aria che questa guerra non è proprio così lontana e che, anche se qui non giunge il fragore delle bombe, già si sente l’odore acre della disperazione e della paura.
Non è una guerra diversa da tutte le altre che ricorda molto quello che abbiamo studiato sui libri rispetto alle lontane due guerre mondiali. Di diverso, però, oggi c’è la consapevolezza delle donne, la loro capacità di reagire al di là del doveroso lavoro di cura e di sostegno della famiglia. E’ a queste donne che dobbiamo aprire le porte dei nostri servizi compresi i Centri Antiviolenza perché sempre di violenza si tratta e sempre di ferite da guarire c’è bisogno.
Quest’anno, sempre protese alla conquista dell’emancipazione delle donne, fermiamoci un momento a riflettere a quanto, in termini di diritti, le donne di tutta Europa stanno perdendo a causa una guerra folle che tanto lampo non sarà.
Gianna Tollis
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