La fine delle scuole superiori segna il passaggio concreto dall’adolescenza all’età adulta: da quel momento la cosa giusta da fare ogni giorno non sarà più scritta sul diario dei compiti, ma la si dovrà trovare e riconoscere dentro se stessi. È come se finisse un bel gioco e la spensieratezza con cui lo si è affrontato. La vita cambia e bisogna pensare al futuro, compiere una scelta, decidere cosa fare. È per questo che viene usato il termine “Maturità”.
In realtà non si chiama esame di maturità, ma “Esame di Stato conclusivo del corso di studio di istruzione secondaria superiore”, più brevemente: “Esame di Stato”.
Quando mi diplomai io, non erano ancora stati inventati i crediti, l’alternanza scuola-lavoro, le tre buste tra le quali sorteggiare l’argomento di partenza per la prova orale, né il voto espresso in centesimi. A quei tempi, diplomarsi con sessanta voleva dire avere ottenuto il massimo dei voti.
Ricordo che il professore di latino ci spiegò che stava per essere valutata non tanto la nostra preparazione, già attestata dal voto di ammissione e dall’andamento scolastico di tutti gli anni delle superiori, quanto la nostra maturità nell’affrontare la prima prova concreta della vita, riuscendo a sostenere l’emozione e la pressione di un evento così importante.
Il mio esame andò benissimo e fui dichiarata matura, ma evidentemente col tempo sono smaturata -fracicata-, visto che non ho avuto la stessa tranquillità, quando è toccato a mio figlio affrontare la commissione.
Lui stoico, nonostante le difficoltà, senza perdere la sua solarità e giocosità. Io codarda nelle mie preghiere, cercando di offrirgli la giusta dose di camomilla, caffè e vitamine.
Ho evitato le prediche, perché ormai non c’era più tempo neanche per quelle, visto che stava facendo in poche settimane, ciò che avrebbe dovuto fare durante tutto l’anno scolastico, quando avrebbe avuto tempo e invece preferì aspettarlo.
Ho faticato a vederlo preoccupato, a tratti scoraggiato, sommerso da libri e appunti, ma sempre con la battuta pronta e aperto alla vita, che è tanto bella quando si ha la sua età.
Mi fingevo serena, ma credo di essere una pessima attrice, visto che un giorno mi ha detto: -Sono tranquillo finché vedo la tua faccia, poi mi sale l’ansia.
E cosa c’è di male a provare un po’ di ansia nei momenti importanti della vita, soprattutto quelli che comprendono l’incognita di un risultato, di un esito, di una risposta? L’ansia, ossia la preoccupazione per qualcosa a cui teniamo, è un’emozione e le emozioni sono il sale della vita.
La mattina della prova orale è iniziata alle sei. Sveglia, un’ultima occhiata al testo della Costituzione italiana, doccia e caffè. Ha indossato la camicia buona delle feste, quella “da acchiappo” (ma questo la commissione non poteva saperlo e apprezzarlo) ed è uscito di casa. Ha preso l’auto ed è andato, deciso e sicuro come un uomo, a questo appuntamento così importante. Gli accordi erano che mi avrebbe fatto sapere, ma io non volevo sapere: volevo vedere. L’ho aspettarlo fuori dalla scuola, su una panchina, con mille pensieri in testa, tutti riguardanti questi diciannove anni. Da quando lo guardavo dormire nell’incubatrice, alla nostra ultima discussione di tre giorni prima: – Secondo Schopenhauer l’amore è l’incontro di due infelicità, cosa ne pensi mamma? -Penso che a tutti possa capitare di straparlare qualche volta, anche ai filosofi.
Lui si diverte a punzecchiarmi su certi argomenti, fra tanti anni sapremo chi dei due aveva ragione.
Dopo un’ora ho cominciato a non star più nella pelle, il sole era diventato troppo caldo e la panchina troppo dura. Stavo quasi per infrangere ulteriormente l’accordo, entrando a vedere cosa stesse accadendo in quell’aula-patibolo, quando eccolo là -la terza felicità- uscire dal cancello del liceo scientifico con il suo sorriso splendido, lo stesso che fa dopo certe partite di basket.
Ci siamo abbracciati e siamo andati a bere un caffè, come fanno gli adulti, le persone mature, quando devono raccontarsi qualcosa. Eravamo al tavolo di un bar, leggeri e felici, ormai con lo stesso titolo di studio, anche se lui sa molte più cose di me, che nel frattempo tante ne ho dimenticate e molte altre le ho imparate a mie spese, ma di quelle che non chiedono agli esami, pur essendo indispensabili da sapere per vivere bene.
gRaffa
Raffaella Di Girolamo
Auguri Davide! ❤️