“Un masaniello senza più popolo”: è tranciante il giudizio del Pd in merito alle dimissioni del consigliere comunale Fabio Ranalli. I Dem puntano diritti a Bruno Di Masci, ideatore e tutore dell’accordo innaturale e politicamente vuoto con la Casini e di cui, ora, si cominciano a vedere gli effetti.
“Chi ha messo in piedi una operazione fuori da ogni schema di logica politica, ammantandola di necessità per il bene della città – scrive il Pd -, si ritrova oggi a perdere inesorabilmente pezzi della sua astrusa costruzione, dibattendosi in un dedalo di contraddizioni e fallimenti amministrativi, ancor più gravi, se possibile, della precedente giunta che si è voluto sostituire. Quando si vuole cancellare la Politica pensando di poterla sostituire con accordicchi basati sullo scambio di favori ed interessi di piccolo cabotaggio, il risultato non può che essere quello di collezionare figuracce a ripetizione allontanando inesorabilmente dalla politica”.
E la figuraccia è, soprattutto, secondo i Dem, il fatto che si fatichi a trovare un sostituto per surrogare il consigliere dimissionario, dopo le annunciate rinunce allo scranno di palazzo San Francesco: “Anche il cittadino alle prime armi che ha voluto partecipare per spirito civico alla competizione elettorale – aggiunge il Pd -, oggi si guarda bene dall’assumere una pur minima responsabilità – se non altro di condivisione – in una sindacatura drammaticamente caratterizzata ormai dagli abbandoni e ricerche affannose di sostituti”.
Quindi l’ennesimo invito a farla finita, a chiudere questa pagina amministrativa della città di Sulmona: “L’accanimento terapeutico è una pratica di dubbia moralità in circostanze certificate come disperate, nella vita quotidiana di tutti noi. Nel suo caso sindaco, il paradossale accanimento a mantenere in piedi questa amministrazione è durato anche oltre l’umanamente consentito. Staccete la spina”, urlano i Dem.
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