Avrà pure “cambiato volto” come dice il sindaco di Sulmona Annamaria Casini, perché vuoi mettere gli “ambienti più spaziosi e funzionali” ricavati nell’ex caserma Pace per l’ufficio sisma. Ma, a differenza dei toni trionfalistici e dei giudizi sui “dati confortanti” seguiti alla verifica fatta oggi, la ricostruzione resta ancora al palo in città.
Dall’insediamento ad agosto dell’ufficio rinforzato, tra ingegneri di Abruzzo Engineering, nuove assunzioni e richiami postumi della cooperativa Satic, infatti, le pratiche prodotte finora sono solo 160 di tipo A. Con poco più di 10mila euro a pratica. Certo ad ottobre si è lavorato un po’ di più, se si pensa che un mese fa le pratiche licenziate erano state in oltre quaranta giorni solo una trentina, ma la strada da fare è ancora tanta, tantissima. Anche perché di questo passo si riuscirà a mettere mano solo alla ricostruzione leggera della pratiche A (ne restano una cinquantina), tanto più che a fine dicembre scadrà la convenzione con la Regione per i rinforzi di Abruzzo Engineering.
Di ricostruzione pesante, nonostante gli annunci, finora non si parla e non si è parlato: “Si stanno avviando le istruttorie delle pratiche B e C – annuncia, sempre con la perifrastica attiva la Casini – alcune delle quali recuperate dall’Utr7 per accelerarne l’avvio”.
Così anche la rendicontazione del 2016, depositata a settembre a Fossa, per 9 milioni di euro, “è in corso di istruttoria”; così per il pagamento dello stato di avanzamento lavori: “Ad oggi sono stati depositati 1,4 milioni di liquidazioni – continua il sindaco – e nelle prossime settimane si conta di completare le richieste fino a 2,4 milioni di euro per evadere l’arretrato entro il 31 dicembre”.
E poi ci sono le 71 pratiche per la prevenzione del rischio sismico, anche qui 2 milioni di euro in cassa che non si sono mai materializzati.
Perché poi le promesse e i depositi, non sono soldi sonanti, quelli che servono alle ditte, molte delle quali sull’orlo del fallimento. Da quando si è scatenato il caso ricostruzione, per fare i conti della serva, infatti, si è solo svuotata la cassa che c’era: meno di 500mila euro.
Tutto questo mentre gli sfollati festeggiano (si fa per dire) un anno di mancato pagamento dei contributi per l’autonoma sistemazione: 40 famiglie che, inutilmente, da dodici mesi chiedono al Comune di liberare le risorse che pure ci sono in qualche cassetto della burocrazia.
Prima o poi, anche loro, “ce la faranno”.
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