E’ passato un anno meno un giorno, l’ultimo di vita per Fabrizia Di Lorenzo. E forse non è un caso che la sua famiglia abbia scelto proprio la data di oggi per ricordare la trentunenne dal sorriso e i sogni radiosi. Perché quella di questa sera al teatro Caniglia non voleva essere e non è stata una commemorazione di una morte.
Era viva Fabrizia il 18 dicembre dello scorso anno, con le valige sull’uscio di casa pronta per tornare nella sua Sulmona. Doveva fare solo gli ultimi regalini di Natale, pezzi di Europa e della sua vita da riportare da Berlino e per questo che il giorno dopo, quel maledetto 19 dicembre dello scorso anno, si recò nei mercatini di Breitscheidplatz. E qui, poco dopo le 20:00 trovò la morte, insieme ad altre undici persone: uccisi dal quel tir che la follia omicida e terrorista di Anis Amri condusse all’impazzata tra luci e canzoni di festa.
Tra i caldi velluti del teatro di Sulmona, oggi, mamma Giovanna, papà Gaetano e il fratello Gerardo, si muovono nervosamente. Sentono la responsabilità della sfida lanciata dalla onlus da loro e in nome della figlia fondata e il peso delle presenze istituzionali che non hanno voluto mancare all’appuntamento: il presidente del parlamento Europeo Antonio Tajani, il ministro della Difesa Roberta Pinotti, il vice presidente del Consiglio superiore della magistratura Giovanni Legnini e poi i vertici, massimi, di polizia, carabinieri, guardia di finanza e il telegramma, sentito, accorato, come quell’abbraccio fatto di persona un anno fa, del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Alla Germania, alla morte, loro, non vogliono pensare e anche per questo, ma soprattutto in segno di protesta per il trattamento ricevuto (neanche un’assunzione di responsabilità, neanche un risarcimento che possa definirsi tale), che la famiglia Di Lorenzo domani non sarà, l’unica delle dodici famiglie delle vittime, presente a Berlino. Il postino di via Arabona e la sua famiglia preferiscono restare a Sulmona e da Sulmona lanciare l’idea di una serie di iniziative perché la loro Fabrizia, le sue idee, possano continuare a vivere.
E’ un contenitore pieno di contenuti ed emozioni quello messo in scena al Caniglia: c’è il balletto commovente e i canti che vibrano l’anima, le poesie scelte dagli studenti e la musica che oltrepassa i confini, come Fabrizia amava. E poi ci sono le proposte e gli impegni della onlus: borse di studio (altre due deliberate dalla presidenza del consiglio della Regione si sono aggiunte oggi a quelle del Mise e dell’Istituto per il commercio estero) da destinare a ragazzi che, come Fabrizia, vorrebbero studiare, crescere e vivere all’estero, nell’Europa dei popoli, nella terra senza frontiere. E ancora un concerto il 9 maggio, un concorso di poesie, uno per i video degli italiani che vivono in Germania (come ha proposto l’ambasciata tedesca), la statua da realizzare in via Togliatti.
E c’è l’approfondimento politico e istituzionale, di alto profilo e competenza, per discutere di terrorismo e terrore, di misure da adottare, di cose da fare per rendere l’Europa più sicura.
Tajani parla di “necessità di maggiore cooperazione tra gli Stati membri. Qualcosa in più dell’Europol – spiega il presidente europeo – che estenda le competenze e le ampli anche alla cyber security. E poi un maggiore dialogo interreligioso”. La Pinotti annuncia i nuovi accordi con i Paesi del Sahel e con il Niger in particolare “dove sarà sottoscritto un accordo militare – dice la ministra – anche con Francia e Germania per arginare l’avanzata di Boko Haram”, mentre il vicepresidente del Csm Legnini sottolinea “la grande preparazione di magistrati e forze di polizia italiani nel fronteggiare il pericolo terroristico – ha detto – un’esperienza che ci chiedono di condividere tutti i Paesi europei”.
Perché il terrore non vinca, perché ci si possa sentire liberi di camminare tra le bancarelle di un mercatino di Natale senza la paura di non scartare i regali sotto l’albero.
Fabrizia “tra i cieli di Berlino e Sulmona”, ritratta nella quinta a tutto schermo del Caniglia, osserva e sembra annuire con il suo sorriso.
Quel sorriso radioso di una ragazza che voleva sentirsi cittadina d’Europa e del mondo.
Un anno meno un giorno fa.
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