L’Abruzzo mostra segni di evidente crisi nell’export secondo quanto riportato dallo studio effettuato da Aldo Ronchi, realizzato per la CNA Abruzzo. La regione soffre soprattutto la crisi nel settore dell’automotive, da sempre trainante. Nel 2022 l’export abruzzese ha subito una perdita di 40 milioni di euro rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, con 4.642 milioni di euro contro i 4.682 milioni di un anno fa.
Una leggera flessione dello 0,8% rispetto al medesimo periodo del 2021. Ciò che però spaventa è che l’intera nazione, invece, fa registrare un aumento del 22,5% nell’export. Insomma l’Abruzzo viaggia in direzione contraria, tanto da finire nel penultimo posto della classifica nazionale.
Il settore dell’automotive, dove risiede il segreto della crisi abruzzese, ha visto la perdita di 599 milioni di euro rispetto al 2021 per il comparto, mentre tutto “il resto del mondo” è stato invece capace di aumentare la propria dotazione di ben 559 milioni di euro. Performance che non ha impedito di contare le perdite: da qui, insomma, la flessione di 40 milioni di euro del primo semestre dell’anno.
Tra i settori che invece hanno avuto un buon risultato, spiccano soprattutto i prodotti farmaceutici (121 milioni in più), seguiti dai prodotti chimici (+100), in metallo (+87), in gomma e plastica (+74), dal tessile e abbigliamento (+66) e dalle apparecchiature elettriche (+30). Dati che, tradotti sul piano territoriale, significano accanto alla ovvia caduta del Chietino, patria dell’automotive, i buoni risultati delle province dell’Aquila (+159 milioni), di Teramo (+168) e in misura più ridotta di Pescara (+40).
“Nel programma che abbiamo sottoposto all’attenzione delle forze politiche in occasione delle elezioni di domenica – sottolinea il presidente regionale di CNA Abruzzo, Savino Saraceni – abbiamo dedicato un capitolo proprio all’export, un tema che si adatta pienamente al caso abruzzese, dove i dati del semestre dicono che le nostre piccole imprese, per competere fuori dai nostri confini, hanno bisogno di politiche di sostegno”.
“Chiediamo di sviluppare nuove strategie e nuovi strumenti di promozione per identificare occasioni, eventi – prosegue Saraceni -; magari usando canali di comunicazione anche digitali, in cui le micro, piccole e medie imprese possono avvicinarsi. Ma chiediamo anche di rinnovare programmi di informazione sulle opportunità offerte dal Sistema Paese per favore dell’internazionalizzazione, come pure di proseguire e consolidare i programmi di collaborazione con figure professionali qualificate, che consentano alle Pmi di consolidare la propria presenza internazionale”.
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