Non è certo un caso che io non abbia mai cambiato pettinatura nella vita, escludendo qualche piccola migrazione sulla calotta cranica della riga che fraziona il mio crine in due parti.
Non ho mai cambiato neanche il trucco, che poi è lo stesso che coloravo sul volto delle principesse che disegnavo all’asilo: linea nera intorno agli occhi e rossetto sulle labbra.
Non sono mai stata particolarmente abile nelle cose da donna: shopping, cucina, giardinaggio, persuasione, maquillage…
Una volta presa la mano in una tecnica di restauro, affresco e modellamento, la eseguo in automatico, a tempo record, in una sorta di pit-stop estetico, senza lasciarmi tentare dalle mode che mutano, passano, tornano e mi ritrovano sempre qui, in un eterno attuale vintage.
Osa! Cambia! Prova! Compra!
Ma certo che oso! A volte oso uscire con i tacchi alti sui sampietrini del centro storico: ogni passo un azzardo che potrebbe implicare una distorsione, una lussatura o un’escoriazione.
Ma certo che cambio! Cambio marche e profumazioni dei prodotti per l’igiene della persona e della casa: mi piace sentire nuove fragranze e consistenze.
Certo che provo! Ne ho provate tante di creme antirughe, anti macchie, anti occhiaie e antipatiche, lasciandomi sedurre dalla confezione più colorata, dalla foto esplicativa della modella sul cartellone pubblicitario o dal bracciale “in omaggio, comprando almeno tre prodotti della stessa linea”.
Ma certo che compro: posseggo una crema per ogni parte del mio corpo, dai capelli ai talloni, dal contorno occhi ai gomiti.
Ogni boccetta una debolezza, una vanità, una speranza, un tentativo di tirare le redini, per frenare il cavallo del tempo che galoppa imbizzarrito.
Per fortuna ci sono i miei figli, che mi distraggono da ogni pensiero sciocco, spingendomi a impiegare il mio tempo in cose più importanti della spinzettatura sopraccigliare, come la ricerca della tale maglia fra i panni sporchi, che deve essere pronta per la festa di domani; il rammendo del leggings che continua a cedere e fra un’ora c’è danza, oppure le lenzuola da cambiare in vista del pigiama party improvvisato per questa notte ed è anche finita la Nutella -Ohibò!-.
D’un tratto due occhi accigliati smettono di guardare sconsolati il contenuto dell’armadio, si volgono verso di me e interrompono il corso dei miei pensieri:
-Mamma, ma perché non ti compri dei vestiti decenti, così ce li scambiamo?
Io sorrido, perché la mortificazione che provo quando non posso acquistare il rimmel rinforzante effetto ciglia finte waterproof, costringendola così a usare il mio, comprato a caso in una cesta delle offerte al mercato, si annienta di fronte allo spettacolo che danno quegli occhi limpidi, color nocciola variegato al pistacchio, mentre mi guardano fieri e testardi, severi e intransigenti, decisi e pensierosi. Le ciglia cariche di trucco sottolineano uno sguardo che non lascia scampo, neanche dietro agli occhiali da vista.
Guardo più in basso la bocca, che ho fatto di tutto per rendere così bella: i discorsi filosofici per convincerla a tenere l’apparecchio ortodontico, gli scherzi, i giochi per distrarla e finalmente i risultati. Quella bocca che tante volte vorrebbe mandarmi a quel paese, quando la t-shirt preferita è ancora bagnata, lo struccante bifasico è finito, per cena ci sono le zucchine ed è prevista pioggia nel fine settimana. Quella bocca che a volte dà voce alla rabbia e poi si vergogna di chiedere scusa.
Ma è la stessa bocca che mi racconta come è andata la festa, che mi manda messaggi vocali buffi, che mi canta canzoni in un inglese tutto da verificare, che mi appoggia rari e fugaci baci sulla guancia. È la stessa bocca che mi dice: -Mamma, un giorno voglio truccarti e pettinarti io, perché tu proprio non sai fare: sai che c’è una tecnica precisa per stendere il correttore?
Io annuisco, felice per la proposta, mentre mi domando cosa ne sappia lei del correttore. Cosa dovrebbe aver bisogno di correggere una tredicenne sul proprio volto. Un brufolo? Un neo? Un broncio? Un baffo di latte?
Vorrei che fosse questo l’istante in cui mia figlia mi trasformerà, come la fata fece con Cenerentola in quella notte magica. Vorrei avere qui e ora sul mio viso le sue mani, dalle unghie rosicchiate, a colorare, sottolineare, sfumare, attenuare e marcare ogni particolare, fino a rendermi come mi vorrebbe lei. Da zucca a carrozza regale.
Ma non è questo quel giorno: lei ha fretta e corre dai suoi amici, lasciandomi ad annusare il profumo francese che resta e mi parla di lei. Mi parla in francese evidentemente, perchè non capisco tutto.
Benché io sia di ampie vedute e mi ritenga moderna ed emancipata, a volte non capisco certe sfumature dell’adolescenza. Ma è giusto che sia così: da una parte io, ad ammirare estasiata la mia piccola Lisa che è cresciuta all’improvviso, senza farmi firmare l’autorizzazione, cercando fra la sua femminilità tracce della bambina che ho allattato per quasi due anni; dall’altra parte lei, a guardarsi contrariata allo specchio, maledicendo quell’incarnato d’avorio che è uno dei più belli che io abbia mai visto e che non avrebbe bisogno di alcuna correzione o trucco.
Lo scoprirà da sola fra trent’anni, quando sarà meno severa con se stessa e cosciente delle sue qualità, quando sorriderà dei propri difetti e li inciprierà con l’autoironia. Quando non avrà più tempo, voglia e intenzione di darsi tre passate di mascara, perchè non ne esisterà uno abbastanza waterproof da resistere alle emozioni della vita, che fanno piangere di gioia, commozione e dolore.
Quando saprà che tutto scorre, tutto cambia e tutto passa…ma il mondo è rotondo e, se rimaniamo fermi -noi stessi-, prima o poi tutto torna.
gRaffa
Raffaella Di Girolamo
Veramente stupenda questa analisi dei tuoi equilibri con Lisa nei quali si può leggere benissimo il vissuto di ogni mamma alle prese con una tredicenne di oggi. Sei unica, Raffaella. Perché sei vera leale e sincera. Naturalmente anche intelligente e profonda!