Sarà capitato anche a voi, cantava un tempo Raffaella Carrà. O comunque prima o poi, di certo capiterà che accedendo a Facebook vi scoprirete censurati per un post o commento non rispettoso del regolamento.
E che, a causa di questo, sarete sospesi. In punizione, impossibilitati a interagire, a-social a tempo determinato.
Se vuoi, suggerirà l’avviso dell’amministrazione, puoi esprimere la tua difesa in un apposito box di testo che qualcuno dello staff leggerà, ma senza vincolo di risposta: quel che è certo, il contenuto censurato non sarà comunque ripristinato. Nemmeno se fosse il discorso della montagna o il nuovo I have a dream di Martin Luther King.
Se l’ha deciso lo Staff su segnalazione di altro utente anonimo, sei colpevole a prescindere, senza diritto di replica, se non postuma, come al patibolo le ultime parole prima dello zacchete.
(Piccolo inciso. Squallida e vigliacca da sempre e in ogni contesto, perfino quando autogiustificata a fin di bene, la segnalazione anonima è roba da non figli di Maria. Fatti i necessari distinguo, la stoffa di un delatore resta la stessa, quella del servo vigliacco avido di prebende e immunità di cui i regimi di ogni tempo si sono serviti per seminare terrore e reprimere il dissenso)
Nulla di irreparabile, per carità, non si muore qualche giorno senza social, anzi, semmai si assapora l’astinenza che potrebbe forse evolversi in disintossicazione, come una mela al giorno leva il medico di torno, il metadone libera il tossico dalla dipendenza, la sana e consapevole libidine salva il giovane dall’azione cattolica.
Senza entrare nel merito del contenuto censurato, (ho visto punire utenti per il link a foto artistiche di nudo o addirittura di quadri), è la censura il punto, non il censurabile. Che, nell’ansia di normare una materia estremamente fluida come la realtà che lo diventa vieppiù, comincia a moltiplicarsi in ogni settore della vita sociale, attingendo dal virtuale in un gioco di rimandi fra verità, falsità e finzione che al confronto Pirandello era un pivello.
Perché censurare un utente social? Se il post fosse davvero inopportuno o offensivo, la vittima potrebbe comunque far valere le sue ragioni nelle apposite sedi civili e penali del suo paese, dove l’accusato avrebbe diritto di difesa e replica prima della sentenza. Ma il Social, rispondereste d’impulso, è contesto privato, proprietà di chi l’ha inventato che lo gestisce secondo le sue regole, esattamente come ogni creatore farebbe con suo relativo creato. Chi vi accede ne accetta le regole come un profugo che cercasse asilo in un paese straniero.
Vero, però.
Però, se ci guardiamo in faccia, Facebook non è più il gioco di ruolo da ragazzini nerd degli esordi. E’ mondo virtuale sempre più influente nel mondo reale, luogo senza spazio comune a miliardi di utenti che lo tengono in vita facendolo crescere quotidianamente e rendendo, nel contempo, sempre più ricchi e potenti i nerd che l’hanno creato e che sono già diventati multinazionali dai poteri illimitati.
Impero più sconfinato di sempre, senza eserciti né confini eppur impossibile da sgominare, più popolato di qualsiasi altro stato eppure mai così refrattario alla democrazia, il Social è creatura di un solo Grande Architetto che sopravviverà allo stesso creatore in un dominio incontrastato sulla Terra e nei cieli.
Nessun stato sovrano, nessuna cultura e nessuna religione è forte quanto un social e superiore ad esso, nessun potente che sul social basa potere e consenso, si sognerebbe di contrastarlo.
Per questo quel che oggi può valutarsi come una innocua regola del gioco, un giro saltato a monopoli se la conta dei dadi ci catapultasse in prigione, proiettandosi per un momento in quel che il social sta già diventando, copia della realtà a tratti più reale ma comunque più potente della stessa realtà, in mano a un fantomatico staff di sottoposti titolati a decidere, senza firma né responsabilità, non so voi ma io lo trovo inquietante.
Sarà che la libertà di pensiero, qualunque esso sia e in qualsiasi forma si esprima, quando è firmato e sottoscritto, pronto ad assumersi le responsabilità che ne derivano, continuo a ritenerla inviolabile.
Solo questo mi consola, caro Staff giudicante. La Storia ha dimostrato il Pensiero capace di abbattere regimi millenari e imperi che sembravano imperituri.
Figuriamoci quel gran monte di cazzate che è il vostro Facebook.
Antonio Pizzola
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