Effetti Collaterali

 

 

C’è, fuori dalle stanze della Politica, il Pensiero di una nuova avanguardia, anche interessante, che si fa strada, interpretando il presente da un punto di vista originale: stiamo vivendo un primo fisiologico passaggio della nuova metamorfosi planetaria, quella che dallo strapotere dell’Elite di banchieri, politici e mainistream mediatico e culturale ci sta traghettando al governo del popolo, stanco delle ingerenze e dei soprusi.

Perfino Baricco, – che non si può dire certo estraneo alla lobby radical dominante l’ultimo trentennio – dipinge, in maniera lucida, lo scenario che ci si para dinanzi: il Popolo rompe il patto con l’Elite che ha smesso di garantirgli gli avanzi del banchetto, umiliandolo all’impoverimento per compensare i privilegi che si è permessa.

A leggerla su questi presupposti, una prospettiva interessante: ci attende un’alternativa al capitalismo più estremo e alle sue più attuali riconfigurazioni (Neoliberismo, Globalismo, Centralismo finanziario, lobbysmo europeista), che riconsidera le istanze più popolari, (solidarietà sociale, localismo, valori  tradizionali, ridimensionamento tecnologico) non contemperate nella spregiudicata corsa verso il grande PIL globale che l’Elite pretendeva.

Il feticcio non sarebbe più lo “sviluppo sostenibile globalizzato”,  vagheggiato fino allo sfinimento dall’èlite intellettuale più di sinistra, ma un ritorno ad un localismo autosufficiente e misurato, basato sull’identità locale e sui valori tradizionali che il Globalismo ha mortificato.

Per semplificare, più botteghe artigiane e meno centri commerciali, più sostentamento diffuso e meno opere colossali, più risparmio e meno disparità, più concretezza a costo di sfociare nella banalità corale e meno intellettualismi, latinorum degli azzeccagarbugli dell’Elite.

 

Poca importa se nelle èlite da abbattere siano identificati anche i pochi pensieri autenticamente progressisti, estranei a qualsiasi stanza del Potere, artisti, letterati o solo menti lucide che in passato ci hanno svelato il perverso gioco della “classe dirigente” (come si chiamava una volta l’Elite) e come difendercene: vittime essi stessi dell’Elite che li ha fagocitati, fino ad annientarli, per rivendicarne un lucro o un vantaggio di consensi.

 

Sono gli inevitabili effetti collaterali della rivoluzione, -dicono –  la lama dei patiboli di ogni rivoluzione è sempre stata grossolana e le teste nella cesta somigliano tutte-.

Anche le arroganze nel nuovo corso, acclamate fino al baciamano ad ogni esternazione, anche la più becera, debbono sopportarsi come gradini del procedere a tentoni verso un modo nuovo e tutto da inventare. Qualsiasi sia l’effetto collaterale,  niente di paragonabile agli ipocriti formalismi dell’Elite disarcionata, che dietro alle prediche buonisti nascondevano sempre la fregatura.

 

Tutto vero e condivisibile. E pure gli effetti collaterali, in fondo come sopportarsi i disagi di un virus negli ultimi istanti della malattia in vista della cura, sarebbero il meno. Ne abbiamo ingoiato tanti di bocconi indigesti, malefatte mostruose e giustizie negate, soprusi miseri del Potere ai danni di disgraziati e innocenti, mentre sognavamo che il sol dell’avvenire smettesse di tramontare…

 

 

 

Se non fosse che fra gli effetti collaterali ci finiscano anche istanze non mercanteggiabili nemmeno in vista di un mondo migliore, perché, se su queste fondamenta si dovesse poggiare un nuovo mondo, non sarebbe meno infelice e insopportabile di questo.

Perchè sull’altare del cambiamento occidentale, nei mari extraterritoriali di tutto il globo e sui muri dei castelli recintati di ogni èlite planetaria, non ci muoiono imperatori, banchieri, corrotti o baroni, ma reietti di ogni classe sociale planetaria, a casa loro e fuori. Genti che l’Elite non l’hanno nemmeno sfiorata, se non per tenere accese le caldaie che mandano avanti i castelli di tutta la metà del pianeta che può permettersele.

 

Non solo delle élite dei potenti,  ma anche delle masse di questo emisfero che oggi rivendicano l’autodeterminazione contro la casta al potere e che, agli occhi dei veri disgraziati, stipati nelle stive in attesa che il ponte levatoio si alzi,  sono la medesima categoria di castellani, chiusi al contado che preme fuori le mura.

Perciò, amici appassionati, possiamo condividere tutto, la disamina lucida del presente, la fiducia del futuro e perfino la partecipazione alla spinta verso un mondo più umano, accettandone pure gli effetti collaterali ineliminabili. Basta che ci mettiamo d’accordo su un punto: voi insieme a me, noi, popolo contro l’Elite che ci opprime, siamo, agli occhi di chi ci bussa alle porte come noi le bussiamo ai nostri potenti, nient’altro che l’èlite che pretende la caldaia sempre accesa.

Per consentirci, mentre vagheggiamo la rivoluzione, il culo al caldo.

 

 

Antonio Pizzola

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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