Edilizia scolastica: per chi suona la campanella

L’immagine, ieri, della sindaca di Pratola Antonella Di Nino che taglia insieme al suo predecessore Antonio De Crescentiis il nastro del nuovo Polo scolastico, è una delle più belle che si siano viste negli ultimi anni in Valle Peligna. E’ il riconoscimento di un grande fair play, di senso istituzionale e, soprattutto, di comunità. 

Abbiamo già avuto modo di parlare, d’altronde, della “lezione di Pratola”, sta di fatto, però, che lunedì gli studenti del paese torneranno tra i banchi in una scuola nuova e sicura. Così sarà anche per gli studenti di Bugnara e già da qualche anno per quelli di Raiano.

Altrettanto non si può dire per la vicina Sulmona dove dal 2009 e poi dal 2016, con i relativi terremoti, le cose non sono cambiate più di tanto, quasi per niente a dire il vero.

Lunedì, infatti, si rientrerà a scuola come si era usciti a giugno.

Del vagone di milioni di euro in cassa (circa 21), finora, ne sono stati finalizzati pochi: ad eccezione delle scuole Capograssi e dell’asilo nido Isola Felice, infatti, nessun edificio scolastico finanziato riaprirà lunedì le sue porte, anche se per alcuni si è in dirittura di arrivo.

Le materne, ad eccezione di via L’Aquila e via Trento, resteranno ad esempio negli appartamenti di fortuna ricavati nelle case popolari di via Sallustio, in attesa che il Polo scolastico in via XXV aprile veda la luce. Per l’opera è arrivato l’ok sul progetto definitivo, ora si dovrà passare all’esecutivo, poi alla gara e ai lavori. Prima del 2023, però, non se ne parla.

Le scuole primarie restano forse quelle più disastrate: la Lombardo-Radice, soprattutto, che per il secondo anno sarà smembrata tra l’ex Cescot (dove le aule certo non sono aule) e il confettificio al nucleo industriale. La sede originaria, quella di via Togliatti, quella che nel 2016 doveva chiudere per “due tre mesi”, è rimasta infatti incagliata in una trappola progettuale e burocratica paradossale. Dopo cinque anni, infatti, si è ancora all’anno zero: la variante al progetto fatta dagli uffici comunali non è stata firmata dalla ditta appaltatrice dei lavori, con il risultato che non è partito né il primo, né il secondo lotto. Nonostante i 250mila euro aggiunti dal Comune al milione e passa già a disposizione, infatti, i soldi non sono sufficienti per la variante proposta. Ora il Comune sta cercando un accordo, ma non è escluso, anzi, che si debba procedere con la rescissione del contratto, con il pagamento della penale, e una nuova gara d’appalto.

Nessuna campanella suonerà neanche alla scuola Masciangioli, che in ballo ci sta dal 2012 quando vennero finanziati i lavori poi affidati nel 2016, ma effettivamente iniziati nell’ottobre del 2019. Nell’edificio di via Mazzini si sarebbe dovuto rientrare al più tardi a settembre 2020, ma ad oggi è ancora un cantiere aperto. Sono stati eseguiti una gran parte dei lavori strutturali (con l’installazione di un centinaio, su 170 previsti, ammortizzatori), ma mancano ancora tutte le finiture. Anche qui i soldi non saranno sufficienti, per cui verrà restituita solo una parte della scuola, forse a dicembre (ma la previsione è alquanto ottimistica), con un terzo della scuola che resterà chiusa in attesa di trovare fondi aggiuntivi.

Anche la Lola Di Stefano è in attesa dei lavori programmati da sei anni: qui si attende la conclusione del cantiere alle Serafini per poter trasferire i ragazzi nella scuola di via Volta. Se tutto va bene se ne parlerà il prossimo anno.

Delle scuole medie restano fuori, parcheggiati alla Sant’Antonio, solo le Serafini dove i lavori sono ultimati, ma non finiti. La sostituzione delle porte di legno con quelle in pvc, infatti, ha ritardato la consegna della scuola che doveva essere fatta a settembre. Ritardi dovuti anche alla crisi di reperimento dei materiali sul mercato. La speranza, anche qui, è di entrare a dicembre.

Infine le scuole superiori: restano con le porte chiuse e senza l’ombra di un cantiere il liceo classico in piazza XX settembre (attualmente al Genio civile) e l’Itcg, per il quale il prossimo 15 settembre è stata fissata una conferenza dei servizi.

I rifugi di fortuna, ovviamente, comportano disagi sotto tutti i punti di vista: uno evidente è quello dell’assenza di palestre, ad esempio, per ovviare al quale il Comune ha affittato quest’anno (con un finanziamento apposito) tre tensostrutture al prezzo di 130mila euro. Una soluzione che, a dire il vero, in passato non si è rivelata troppo funzionale. Ma, anche qui, la lezione non è bastata.

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