Un sistema di videosorveglianza nuovo di pacca e nuovo di pacca rimasto nei magazzini dell’ente Parco nazionale della Majella: 300mila euro spesi nel lontano 2004 buttati praticamente nei magazzini visto che, nel frattempo, dopo ben tredici anni, la strumentazione da avveniristica è diventata preistorica. Perché la tecnologia corre, mica come la burocrazia.
E’ una delle tante storie che esce dalle ceneri di questa tragedia che sta coinvolgendo l’intera Valle Peligna e in particolare i boschi del Parco Majella, una storia di ordinario sperpero di soldi pubblici per la quale, il presidente dell’ente, Franco Iezzi, ha detto di aver interessato la Corte dei Conti.
“La ditta che aveva fatto la fornitura – ha spiegato Iezzi – ci ha chiesto una cifra spropositata per ripristinarla, per cui, dati anche i progressi tecnologici fatti nel settore, appare inutile e poco conveniente oggi metterla in funzione”.
Anche perché oggi il Parco offre sul piatto un altro sistema: da acquistare in convenzione, tra i 500 e i 1000 euro al giorno, con una società privata, la Sky drone: una flotta di droni, cioè, presentati ieri in una conferenza stampa nella sede dell’Abbazia mentre fuori imperversavano fiamme e fumo.
La flotta è in grado di monitorare il territorio centimetro per centimetro, penetrare nelle zone più impervie, individuare con rilevazioni termiche e infrarossi, la presenza di persone e l’inizio dei focolai, fornendo coordinate precise per eventuali interventi di spegnimento.
“La abbiamo offerta ai vigili del fuoco nei giorni scorsi – racconta il presidente del Parco – ma ci hanno ignorati, come d’altronde non ci hanno mai convocati al Coc, nonostante il Parco abbia strumenti e personale qualificato da mettere a disposizione. Per quanto abbiamo potuto abbiamo fatto autonomamente, ma ci aspettavamo un maggiore coinvolgimento”.
Ma poi, nel corso della conferenza stampa, spuntano altre contraddizioni, che la dicono lunga su un sistema di emergenza e controllo che non funziona, nonostante le raccomandazioni del premier Gentiloni, come d’altronde è ben visibile al nono giorno di fiamme. I volontari dalla protezione civile dell’Ana, infatti, hanno spiegato che anche loro hanno un sistema di droni, ma che non possono utilizzarli nel periodo degli incendi e più in generale come vorrebbero (cioè con controlli a distanze elevate), perché non sono registrati come velivoli militari e quindi non hanno l’autorizzazione.
Il Parco, ha detto Iezzi, sta pensando anche di acquistare autonomamente dei droni, basta che non facciano la fine della videosorveglianza del 2004.
Commenta per primo! "I droni e quelle telecamere, comprate, e mai utilizzate"