Discarica del veleni, Di Marco: “Studio epidemiologico per quantificare i risarcimenti”

Conoscere prima gli effetti del danno e poi fare una stima dei risarcimenti. Antonio Di Marco è categorico sulla bonifica dei territori inquinati di Bussi e Piano d’Orta, sede per anni di veleni sotterranei ai quali la popolazione è stata esposta. Colpa di quei siti industriali, come l’Edison, scesa a patti con la Regione Abruzzo, per evitare la causa civile. Ma nessuna compensazione può dirsi adeguata senza uno studio epidemiologico sul tasso di mortalità che ha investito il perimetro che va dalla sede industriale, nel territorio bussese, fino a Bolognano.

“Solo accostando il danno di immagine – spiega il consigliere regionale -, al danno ambientale a quello epidemiologico si potrà arrivare a un giusto risarcimento ed è questo che chiederò come vicepresidente della Commissione Ambiente e Territorio, che si faccia uno studio capace di completare un quadro che rischia di essere chiuso troppo frettolosamente per interessi che non contemplano direttamente e prioritariamente la vita e il futuro della popolazione e del territorio”.

In tempi recenti di studi non ne sono stati fatti. Lo conferma anche l’accesso agli atti di Di Marco sulla situazione sanitaria dei luoghi. Solo nel 2018, l’allora assessore alla Sanità Silvio Paolucci, richiese un’indagine per affrontare proprio queste problematiche con l’Agenzia Sanitaria Regionale, Arta, Asl e Istituto Zooprofilattico. Poi il nulla.

“Scavando negli atti della Commissione regionale d’inchiesta – prosegue Di Marco – su Bussi è emerso un rapporto datato 2019 dello studio dell’Istituto Superiore di Sanità “SENTIERI”, acronimo di Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli Insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento, che analizza lo stato di salute delle popolazioni che vivono nei Siti di Interesse Nazionale. Il rapporto utilizza dati ufficiali su mortalità, ricoveri, tumori e malformazioni congenite, mettendoli in relazione con le fonti di inquinamento ambientale presenti in ciascun sito (discariche, industrie chimiche, raffinerie) per supportare le decisioni di sanità pubblica e le azioni di bonifica. Le conclusioni, dopo aver analizzato le patologie e la mortalità dei residenti, descrivono il sito di Bussi come fortemente compromesso dal punto di vista ambientale e sanitario”.

Eccessi di mortalità e ospedalizzazioni per patologie plausibilmente associate a inquinanti presenti nel luogo. Questa la fotografia nera, come quei tumori all’apparato digerente, respiratorio, urinario, alla mammella, al polmone e linfomi, che da anni affliggono la popolazione locale.

“A fronte di tali eccessi lo studio sosteneva, anche qui, l’urgenza di interventi di bonifica e un attento monitoraggio sanitario – conclude -. Ma nulla si è mosso da allora a oggi. Né la bonifica, né le azioni per un giusto risarcimento. Eppure tutto questo ha un costo sociale, ambientale, economico e forse proprio per tale importanza si spiega l’ansia di chiudere il caso ora, manifestato da Edison con l’accordo fatto con il Comune di Bussi e che presumibilmente sarà replicato anche per Piano d’Orta. Ma non spiega la fretta della Provincia di Pescara che, con me presidente, aveva individuato in Edison il soggetto inquinatore, che ha ceduto, dopo di me, proprio a Edison per solo 3 milioni di euro peraltro investiti altrove non a Bussi e nel SIN. Ci sono fatti e atti da portare avanti a tutela del bene comune che in quel perimetro è stato violato, ma per arrivare a una rinascita vera ed efficace, bisogna conoscere a fondo la perdita, a questo serve un nuovo studio epidemiologico che le istituzioni, Regione in primis devono promuovere, che dettagli la situazione tenendo conto dei dati esistenti fino a oggi e completi la fotografia di una situazione importante in tutte le sue sfaccettature per costruire una restituzione giustamente risarcitoria sotto tutti gli aspetti”.

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