Per la battaglia si sono mobilitati tutti: sindaco e consigliere regionali a battere i pugni sul tavolo della Regione per salvaguardare lavoro e lavoratori degli addetti alla guardiania dell’ospedale di Sulmona. Bene e ben venga, senza però perdere di vista cosa c’è dietro la sbarra di via Mazzini.
Perché l’ospedale di Sulmona, quello che mostra con orgoglio e sbandiera politicamente il primo livello, sta soffrendo tempi durissimi nei singoli reparti.
Uno su tutti, quello per cui si sono battuti il petto tutti da anni: il punto nascita, conquista e requisito indispensabile per essere considerato un ospedale. Che non sia di base.
Le assunzioni che qualche anno fa hanno riempito le pagine dei giornali e i programmi delle campagne elettorali, si sono nei fatti liquefatte.
A partire da domani nel reparto di Ostetricia e Ginecologia, nei fatti, saranno in servizio solo tre dottori e mezzo. Che divisi per i turni H24, sono meno della metà di quelli necessari.
Le due ginecologhe Co.Co.Co. si sono licenziate a partire da domani, altre due sono in maternità e una è in 104 (quindi senza possibilità di fare le notti). Il risultato è che i tre ginecologhi rimasti in servizio (a parte il primario che viene solo per gli interventi chirurgici) sono costretti a turni massacranti. C’è chi questo mese ha contato dodici notti e che per il prossimo ne ha in agenda già quindici. Oltre la reperibilità, ovviamente. Praticamente casa (poca) e lavoro (troppo). Tra l’altro non sempre retribuito, visto che a loro non vengono ancora corrisposti i gettoni degli straordinari da anni.
Come se non bastasse c’è la logistica ancora precaria: i posti letto sono stati ridotti ad otto, dopo l’accorpamento con Pediatria e in attesa di eseguire i lavori sull’ala Bolino. Lavori finanziati con 6 milioni di euro con il Pnrr e anche questi sbandierati in campagna elettorale, che, però, non sono ancora partiti. La data ultima di avvio del cantiere doveva essere metà settembre. Ma al momento nulla si muove.
Meglio non va nel vicino reparto di Pediatria, anche questo, nei fatti, retto da un Co.Co.Co.: un medico in pensione, costretto anche a fare le notti, nonostante i suoi quasi ottanta anni.
Basterebbe un’influenza, un’indisponibilità, insomma, per bloccare il servizio che, almeno per il punto nascita, deve avere come prerogativa le porte aperte giorno e notte.
Che va bene, benissimo, difendere i lavoratori alla “sbarra”, purché dietro quella “sbarra” ci sia qualcuno da difendere.
Si ma chiuderle queste speranzose aspirazioni estreme di ritenersi Città come le donne brutte che disperatamente non accettano di non essere belle nonostante se lo sono capito e cercano smentite dagli altri . Sulmona ormai è senza più tempo e senza più luogo, come, non sola, la massima parte di arretratezza del fallimentare Abruzzo.
Costituire soltanto un adeguato centro medico provinciale attrezzato in tutto e con personale non inquietante che ti ispira fiducia e, finalmente con una legge sugli appalti e sulle spese sanitarie che elimini questa immensa mafia di corruzione all’interno della Regione e delle ASL e dei complici tribunali che non controllano. Il punto nascita ed ogni altro servizio medico di rilievo che può essere programmato può essere fornito da L’Aquila e andare a L’Aquila non significa andare a Vladivostok a piedi. Oppure in futuro costruire un grandioso distretto medico tra Pratola e Corfinio; chiudendo tutti gli altri ospedali d’Abruzzo AQ CH
TE PE; che svolga il servizio di HUB di medicina specializzata per la intera regione, lasciando sul territorio i pronti soccorso e i medici di base per l’influenza e l’aspirina.. Questo si dovrebbe perseguire invece che raffazzonare servizi improbabili per velleità territoriali che poi…. possono produrre casini.
Ma perché il Dirigente do Ostetricia e Ginecologia viene al suo posto di lavoro concorsuale “solo per gli interventi chirurgici”?
Ma si!
Facciamoli venire tutti a Corfinio.
Il milione e trecentomila abruzzesi, quasi tutti della costa, ne saranno felici.