Resta a digiuno a soli quattro anni: qualche forchettata di gnocchi racimolata dai piatti dei compagni e niente carote e prosciutto cotto, “il mio preferito” dice in lacrime il bimbo. E’ accaduto ieri alla materna Di Nello di Sulmona dove uno “studente” della scuola dell’infanzia non ha potuto usufruire della mensa perché i genitori avevano dimenticato di pagare il ticket. Otto euro e novantasette centesimi di debito, pari a due pasti di fascia nove, che hanno impedito al bambino di sedersi a tavola con i compagni.
“Mi hanno chiamato dalla scuola – racconta il genitore – dicendomi di andare a riprendere mio figlio perché per lui non c’era da mangiare. E’ stata una scena imbarazzante e umiliante, altamente diseducativa e lo dico da insegnante”.
Non ci sta il genitore a quel trattamento, anche e soprattutto per un servizio che in quanto a puntualità non è stato proprio eccelso quest’anno: “Ci hanno lasciati tre settimane senza refezione scolastica – continua il papà – costretti ad andare a riprendere i nostri figli a scuola anticipatamente perché a quell’età non potevano neanche portare il cibo da casa. Da noi pretendono la massima puntualità, loro, invece, possono fare il ritardo che vogliono impunemente”.
Il disappunto diventa rabbia dal momento che nessuno ha avvertito la famiglia di avere il conto scoperto: da quest’anno, infatti, è sparito anche il servizio di allerta che avvertiva i genitori sulla situazione dei crediti. In passato, infatti, un sms avvertiva le famiglie quando erano rimasti solo due pasti a credito e ancora quando si era arrivati a maturare tre pasti a debito.
Un metodo che, a quanto pare, ha prodotto 11mila euro di crediti non riscossi lo scorso anno e che gli uffici comunali hanno recuperato in parte e con molta fatica.
Di qui la scelta intransigente: nessuna deroga e nessun ritardo ammesso, “non sarà tollerata la maturazione di debiti tariffari – si legge nell’avviso – Si raccomanda, pertanto, ai sig.ri genitore/tutori dell’utente della refezione scolastica di controllare con adeguata frequenza il saldo del proprio conto mensa, per evitare situazioni di debito e saldare con tempestività insoluti”.
Una regola applicata alla lettera, senza tenere conto delle conseguenze che un gesto del genere può provocare su un bambino o dei problemi che la situazione può creare alle famiglie: “Io sono un insegnante e ho potuto chiedere un permesso per uscire prima d’urgenza – continua il genitore – mi chiedo cosa sarebbe successo se al mio posto ci fosse stato il figlio di un lavoratore che non ha alcuna flessibilità o che lavora fuori”.
La refezione scolastica, si è ripetuto più volte, è anche un momento di formazione: la lezione, questa volta, è stata davvero pessima.
Scandaloso ….
Chi è la società che gestisce la mensa? Sta a Pratola?
Che cosa c’entra la società, i soldi dei ticket li incassa il comune
La società fornisce i pasti ordinati dalla scuola ogni mattina
Il genitore che grida allo scandalo perchè la mensa arriva in ritardo e che non vuole che il proprio figlio venga “umiliato” potrebbe provvedere per primo lui a non lasciarlo senza buoni mensa,dando il buon esempio per primo proprio a suo figlio.E meno male che lui è un insegnante…
Sta scivolando sul vetro… Stiamo parlando di un bambino di 4 anni… Capisco il disappunto dei genitori… Facciamo sempre i duri con i deboli…
Che vergogna!
Hanno fatto benissimo, considerato che poi i buffi non li pagano, ognuno si preoccupa di suo figlio/a non ci devono pensare gli altri, l’IPHON ce l’hanno però.Che c’entra se la società è di Pratola? Fatela voi di Sulmona un’azienda di catering non siete capaci di fare nulla, non avete niente di vostro, quello che c’e la maggior parte e targata Pratola il resto da altri e avete anche da ridire.
Mamma mia quanto rancore.
Stai calmo.
I pratolani sono buoni di cuore, non badano a queste cose.
Mi meraviglio di chi scrive che si dichiara pratolano!
Sei solo un emerito coglione pratolano senza cuore. Di forte avete solo una bella amministrazione, sennò siete solo dei menefreghisti senza cuore oltre che degli emeriti dementi e pezzi di merda.
È a dir poco vergognoso. Per una dimenticanza del genere non si può lasciare un bambino di quella età senza pasto. I responsabili della mensa le maestre che svolgono un ruolo importante e che per quei bambini sono punti di riferimento al pari dei genitori con che coraggio e con quale coscienza hanno impedito a un bambino di cui si curano ogni giorno di mangiare?
Una considerazione di ordine generale: ma che mostruosa civiltà abbiamo messo in piedi? Si fanno debiti per tutto, dal folletto alla Smart TV, e nel frattempo gli spacciatori di coca girano con il libro nero dei crediti, sempre disposti a spingere con pagamenti rateizzati. Però se un bambino non ha il ticket pagato non mangia ed è costretto a racimolare qualche gnocco nel piatto dei compagni .
Prescindendo almeno per un istante da freddi e leciti giudizi contabili (“di chi è la colpa”, “bisogna riscuotere i crediti “ e chi più ne ha più ne metta) e’lecito porsi qualche domanda intorno a un contesto ambientale che vive di buffi e che diventa inflessibile dinnanzi ad un bambino privo del ticket mensa.
Per 8 euro si bloccano i pasti di un bambino di 4 anni. per 6 giorni al buio di intero quartiero il silenzio più assordante e nessuna azione legale!
Nessun rancore, sono persona di pace ed ho moltissimi amici di Sulmona e non ho problemi ad affermare che corso Ovidio fino a piazza maggiore è bellissimo, ma mi girano le eliche quando i soliti fancazzisti tentano di mettere in mezzo chi non c’entra.
I buffi non si fanno.
Bufacchio pestev la gent…
Era una situazione facilmente risolvibile senza mettere di mezzo le istituzioni ed i giornali. Un insegnante “normodotato” avrebbe dovuto provvedere a pagare il pasto al bambino per poi avvisare il genitore dell’ insolvenza. Pochi Eur all’ insegnante non avrebbero pesato sul bilancio mensile e pochi Eur di debito all’ altro insegnante non sarebbero stati difficili da restituire. Facile ed intuitivo. A volte le persone si perdono in un bicchiere d’acqua, anche quelle che si definiscono insegnanti.
Hai perfettamente ragione, non puo’ essere trattato così un bambino di 4 anni per una situazione facilmente risolvibile in più modi da chi è addetto alla soministrazione dei pasti ed in particolar di chi era presente al momento. Siamo noi adulti che spesse volte non ci rendiamo conto di quali solo le cose importanti e le nostre responsabilità.
È una vergogna! Sulla cronaca dei principali quotidiani come Repubblica, la Stampa ed altri. Ma come si fa a far sentire discriminato un bambino di quell’età negangogli il diritto a mangiare con i propri amichetti che per spirito di fratellanza, gli cedono parte del loro pranzo? Insegnanti, addetti della scuola prendete esempio da questi piccoli che un giorno diverranno uomini, che la solidarietà è un principio inalienabile di fronte al quale non c’è ragione economica che tenga. Si sta perdendo il senso di umanità, cosa resa ancor più grave in quanto l’episodio si svolge nel luogo ove si formano ed educano le future generazioni. Occorre un risveglio della coscienza di chi si riveste di autorità quando invece dovrebbe farsi guidare da umana comprensione.
Una domanda, se la ditta ha operato in questo modo è perché sicuramente dietro c’è un regolamento scritto. Dubito che di propria iniziativa uno non porta i pasti. Quindi se esiste questo regolamento, da chi è stato firmato? Fuori i nomi
ABBIAMO CREATO UN MOSTRO EDUCATIVO E SOCIALE INDECENTE E VERGOGNOSO.
UNA SCUOLA PUBBLICA IMMORALE ED INGIUSTA A PAGAMENTO, DOVE MANCA
IL PRINCIPIO DI GRATUITÀ E DI EQUITÀ, CHE MERCIFICA I SERVIZI OFFERTI,
RIDUCENDO GLI AMMINISTRATORI PUBBLICI AL RUOLO DI GABELLIERI.
E tutti noi, siamo subito diventati dei “tifosi contro”, arruolati nell’esercito contro l’organizzazione scolastica o contro la negligenza dei genitori. Ci fosse uno tra di noi che si arruoli tra le fila dei “tifosi a favore”, a favore verso un accesso socialmente ed INTEGRALMENTE GRATUITO al sistema scolastico-educativo.
Il caso riportato da Il Germe di Sulmona, dove un bambino è stato escluso dal pranzo scolastico a causa di un debito di soli 8,97 euro, è un esempio lampante di quanto possa essere ingiusto un sistema scolastico-educativo a pagamento. Questa vicenda non rappresenta solo un episodio isolato, ma riflette una disparità di trattamento sistemica e pianificata che penalizza i bambini provenienti da famiglie meno abbienti o comunque diverse. Quando una Scuola, luogo che dovrebbe essere un rifugio di equità e inclusione, discrimina in base alle capacità economiche e alle diversità, viene meno il suo principio fondante universale: quello di garantire a ogni individuo le stesse opportunità di accesso all’istruzione e ai servizi connessi.
Nel dibattito che ne è seguito, si sono levate, come al solito voci contrastanti, spesso ridicole. Da una parte, c’è chi si scaglia contro l’organizzazione scolastica, accusandola di insensibilità e di aver trattato con freddezza burocratica un caso umano. Dall’altra, ci sono coloro che puntano il dito contro i genitori, ritenuti colpevoli di negligenza per non aver pagato in tempo la quota e di aver creato un debito nelle casse comunali. Entrambi i punti di vista, tuttavia, trascurano colpevolmente una verità più profonda: il problema non risiede né nella presunta inefficienza scolastica né nella responsabilità dei genitori, ma in un sistema che fa dipendere l’accesso ai servizi scolastici dalle capacità economiche individuali. Non vogliamo sapere, non ci interessa, se il contributo è più o meno accessibile, non lo è mai del tutto, ma anche se lo fosse sarebbe comunque ingiusto e inappropriato far pagare un servizio scolastico, perché nel momento stesso in cui avviene, crea disparità, differenze, diseguaglianze, ingiustizie.
Una Scuola pubblica deve essere realmente gratuita e sostenuta integralmente, in tutte le sue forme e in tutti i suoi contenuti, dalla comunità a cui appartiene, nessun bambino rischierebbe di essere escluso per una questione di possibilità o differenze.
In un sistema scolastico pubblico che richiede pagamenti per i servizi, come la mensa o il trasporto, si creano inevitabilmente divisioni tra chi può permettersi di pagare e chi no. Questa realtà, lungi dal promuovere una comunità scolastica coesa, rafforza le disuguaglianze sociali e marginalizza ulteriormente le famiglie in difficoltà economica, lacera il tessuto sociale della comunità creando emarginazioni. Non è accettabile che un bambino venga discriminato e lasciato fuori dalla mensa o dal trasporto o da una gita scolastica per una questione economica, creando in lui un senso di esclusione e umiliazione.
La Scuola dovrebbe essere uno spazio di inclusione, non un luogo in cui si manifesta l’iniquità sociale.
Ribadisco con forza e con sofferenza il principio di una Scuola pubblica realmente sociale, universale, che accoglie la gratuità per tutti i servizi connessi all’istruzione e all’educazione, inclusi quelli relativi alla mensa e al trasporto, ai materiali didattici, alle gite scolastiche e ai servizi di doposcuola, extrascolastici che siano. Devono essere tutti gratuiti, tutti pagati da tutta la comunità con le nostre tasse perché, se questi servizi vengono pagati dalle singole famiglie, si crea sempre e comunque una disparità di trattamento evidente, poiché non tutte le famiglie hanno le stesse possibilità economiche, si fa pesare la condizione sociale. Questa accoglienza scolastica non solo garantisce l’accesso a tutti, ma dimostra che la comunità riconosce l’importanza dell’istruzione come diritto fondamentale e come investimento per il proprio futuro.
Questo increscioso episodio ha comunque il merito di farci riflettere su che tipo di società vogliamo costruire: una società che esclude i più vulnerabili o una che li sostiene e li include?
Vogliamo una Scuola privata a pagamento dove vi accede solo chi ha le possibilità economiche per farlo o vogliamo una Scuola pubblica, veramente sociale, universale che riconosce l’istruzione come diritto inalienabile e che non permette che nessun bambino resti indietro per appartenenza a ceti sociali differenti.
La soluzione non può essere quella di scaricare la responsabilità sui singoli genitori o sulle singole scuole, ma deve essere un approccio civile, sociale, etico e morale che garantisca equità e accesso a tutti quanti.
Almeno dentro la Scuola ci dovrebbe essere equità e giustizia, pari opportunità, ognuno è sé stesso ed è uguale agli altri, parte di uno stesso insieme, con le medesime possibilità degli altri e chi, nel percorso, rimane indietro, gli altri rallentano, si fermano e lo aspettano.
Infatti, abbiamo anche abbandonato l’insegnamento di don Milani “Non c’è ingiustizia più grande che fare parti uguali tra diversi” (nel nostro caso pena l’esclusione), lui che aveva creato veramente la Scuola universale, quella vera ed accogliente, la Scuola di tutti e per tutti.
Avanti tutti insieme, nessuno rimanga indietro o si senta escluso, o tutti o nessuno. Non vi preoccupate vi aspettiamo.
E così sia.
Poteva pagare i buoni pasto a suo figlio evitando di incorrere jn questa situazione grottesca.