Ventidue anni per avere un risarcimento danni dal Comune: un Odissea che neanche Ulisse, tra richieste a cui non sono arrivate mai risposte, cause in tribunale e sentenze non rispettate. Così dopo due decenni la settimana scorsa il Comune di Sulmona ha finalmente riconosciuto il debito fuori bilancio per il pagamento dei danni provocati da un nubifragio al Gran Caffè, lo storico bar di piazza XX settembre il cui immobile è di proprietà del Comune.
Un pagamento arrivato dopo il ricorso ad un procedura di precetto prima e di pignoramento poi, con una coda di richiesta di accesso agli atti a cui mai nessuno ha dato seguito. Perché nonostante il pignoramento, il Comune aveva dichiarato impignorabile il suo bilancio e per dimostrare il contrario il legale della società che ha fatto ricorso, l’avvocato Margherita Faraglia, ha dovuto ricorrere ad un paziente spulcio dell’albo pretorio per dimostrare che non tutte le spese erano poi così essenziali e quindi impignorabili.
Era il tempo del Gran Caffè dalla tappezzeria damascata, dagli arredi in legno e del sapore di storia e antico, prima del grande rinnovamento-rovinamento post moderno. Era l’altro secolo quando, nel 1997, il gestore del locale, Gaetano Lepore, segnalò al Comune le criticità del tetto, le continue infiltrazioni a cui si doveva porre rimedio.
Poi, nell’agosto del 2000, un nubifragio trasformò quegli avvertimenti in presagi: l’acqua penetrò dal tetto e fece crollare parti consistenti delle controsoffittatura, provocando danni notevoli ai laboratori, alla gelateria, agli spogliatoi e ai bagni del locale. Il Gran Caffè rimase chiuso una settimana di seguito e poi per anni non potè utilizzare una parte dei locali.
Inutilmente il gestore chiese al Comune un intervento, propose di anticipare lui i soldi per le riparazioni, ma da palazzo San Francesco solo silenzio: anche dopo, quando le richieste finirono sulla carta bollata, davanti al tribunale di Sulmona prima e alla Corte d’Appello poi.
Nell’aprile del 2017 la sentenza definitiva, con la condanna del Comune a pagare i danni: circa 120mila euro diventati nel frattempo, tra interessi di mora e spese legali, oltre 142mila euro.
Perché delle sentenze, del precetto e perfino del pignoramento, il Comune se ne è sempre disinteressato, tanto da costringere la parte a ricorrere ad un’azione esecutiva.
Il tribunale ha riconosciuto così un risarcimento di oltre 111mila euro come parte dei canoni di affitto versati tra il 1997 e il 2008 e poi i danni materiali alle attrezzature, alla merce e i mancati guadagni.
Una storia di ordinaria follia burocratica, conclusasi dopo due decenni, con gli imprenditori costretti ad attendere gli elefanti del Palazzo.
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