Da quanto annunciato ieri sera dal presidente del consiglio Giuseppe Conte, le attività di bar e ristorazione dovrebbero riaprire il prossimo primo giugno. Poco più di un mese, insomma, per organizzarsi ad un cambiamento che non può e non deve coinvolgere solo i diretti interessati. Perché quello dei servizi legati all’enogastronomia resterà uno dei pochi settori, quest’anno, a poter fare la differenza per l’intrattenimento e l’attrazione di turisti. Specie nelle città d’arte e ancor più se prossime alle zone montane come Sulmona e i suoi Borghi autentici che costellano il comprensorio.
Gli eventi, grandi e piccoli, infatti, non si svolgeranno comunque, neanche se programmati per la terza fase: non si terranno a Sulmona, ad esempio, né la Giostra Cavalleresca (che sta pensando ad un rinvio tra settembre e ottobre), né il Muntagninjazz, solo per citare i più importanti. Niente sagre, ancora, e niente feste di paese, perché il principio di fondo, al di là dei cavilli e delle interpretazioni, è quello di dover mantenere, in ogni caso, il distanziamento sociale ed evitare gli assembramenti.
Con il cambio delle abitudini, insomma, cambieranno anche i modi di fare e vivere il turismo, oltre che il quotidiano. E il Centro Abruzzo deve almeno provare a farsi trovare pronto, visto che qualche carta da giocare, per guadagnare fette di un mercato che sarà molto competitivo, ci sono. Non fosse altro per la tipologia della sua offerta che non è mai stata legata al turismo di massa. Se ne è parlato anche l’altro giorno in una conferenza in remoto organizzata dalla Dmc Terre d’Amore e nella quale il relatore, Josep Ejarque, ha spiegato come il segreto per rafforzare la propria reputazione è quello di proporre un turismo esperenziale e garantire il rispetto delle misure igieniche e di prevenzione. Avventurarsi nella transumanza e imparare a fare il formaggio o fare un’escursione in montagna e birdwhatcing, insomma, sarà più richiesto e appetibile di un bagno al mare con l’incognita del contingentamento dei posti al sole.
Lo scenario è d’altronde drammatico per l’economia del settore, soprattutto se il governo non interverrà (come ha però annunciato Conte ieri sera) con un sostegno consistente: si calcola che con la ripresa a maggio il 30% delle aziende legate al turismo falliranno, una percentuale che sale al 50% in caso di riavvio a luglio e al 70% in caso di ripartenza a settembre. Complessivamente si prevede un calo del 55% delle presenze complessive e dai 12 ai 18 mesi per il ritorno alla normalità.
Sulmona, e non solo Sulmona, ha l’opportunità in questo contesto di potersi candidare a diventare la base di soggiorno di questi nuovi flussi turistici e non può permettersi, per questo, di farsi trovare impreparata, ovvero senza un’adeguata offerta di servizi.
Il tema dei bar e dei ristoranti, della necessità di mettere a disposizione per loro ampi spazi all’aperto (senza farli pagare) per recuperare coperti e clienti ridotti dalla misure di distanziamento, rappresenta in tal senso un’occasione per ripensare la città e in particolare il suo centro storico. Pedonalizzare in parte o in toto il centro o corso Ovidio, trasformandolo dalla retorica del “salotta buono” in una più pratica e invitante grande “sala pranzo”, dovrebbe essere una delle questioni che dovrebbe essere già al centro di un vivo confronto. La questione è stata già posta da Sbic qualche giorno fa, ma finora da palazzo San Francesco oltre alle guerre personali e alle urla contro i “poteri forti”, non si è avuto nessun segnale. L’assenza di lungimiranza, ma anche solo del dibattito politico sull’argomento (affidato perlopiù alle associazioni di categoria) è in tal senso imbarazzante, così come lo è d’altronde quello sulla logistica delle scuole (già da anni ai minimi termini in città) che, seppur più “lontano” nel tempo, richiede una maggiore programmazione.
Un’altra proposta di ripensamento del centro storico è arrivata anche dal Pd cittadino, che ha chiesto di costituire una commissione mista per valutare in che modo sfruttare al meglio gli spazi disponibili, questa volta in chiave culturale (biblioteche e percorsi legati ad Ovidio) con la possibilità di utilizzare gli immobili comunali e non (in particolare si fa riferimento all’ex Carispaq) per trasformare il centro in una “vetrina del territorio”.
Di elementi per discutere ce ne sono tanti, se solo qualcuno cominciasse a volersene fare carico anche dal punto di vista pratico e amministrativo. Di tempo se ne è perso fin troppo.
Le proposte ci sono… Ovvio non interessano a questa amministrazione… La gente è esasperata… Basta perdere tempo!!!