
Si conclude questa sera in qualche modo da dove era partita la stagione teatrale del Caniglia, nel primo anno di sperimentazione e guida di Meta Teatro e del suo direttore artistico Patrizio D’Artista. Cinque spettacoli partiti a giugno con la pandemia che ha portato a sperimentare il primo evento (Ion) in streaming e che si chiude con un capolavoro, in presenza, partorito da William Shakespeare durante un’altra pandemia, quella della peste del 1593; quando cioè, allora come ora, con i teatri chiusi, l’autore inglese fu costretto al lockdown e in questo, immerso nelle Metamorfosi ovidiane, ebbe “il primo parto della mia fantasia”, come egli stesso dichiarò, scrivendo “Venere e Adone”.
Le coincidenze, che nella cultura si chiamano connessioni, però, non finiscono qui: perché l’opera diretta da Daniele Salvo (con la bellissima Melania Giglio e le musiche dello stesso D’Artista) è una delle ultime che ha avuto la direzione artistica di Gigi Proietti (nel suo Globe Theatre), le cui figlie questa sera (ore 21) saranno sul palco del Caniglia per omaggiare quel teatro dal quale “il mattatore” prese il trampolino di lancio per la sua carriera, allestendo proprio a Sulmona nel 1976 “A me gli occhi”.

E che sia di buon auspicio per questo nuovo, quanto precario, corso del Caniglia che a bilancio porta quasi tutti sold out (anche se le presenze sono state ridotte a forza dalle misure anti Covid), un pubblico giovane e una proposta culturale, messa in piedi con pochi mezzi e pochi denari.
L’anno di sperimentazione della gestione Meta, in realtà, non si è conclusa e andrà avanti fino a dicembre del 2021: tra poco partiranno i corsi di teatro, i laboratori nelle scuole (scenografia e costumi di scena al Polo umanistico e organizzazione e management dello spettacolo e teatro contemporaneo al Polo scientifico) e a dicembre la prima produzione “locale”, che locale non sarà, perché “I sognatori”, sempre per la regia di Daniele Salvo, ha già prenotate date in mezza Italia a partire, a gennaio, dal Teatro Off di Roma.

Cosa accadrà però da gennaio in poi al Caniglia, quando la convenzione con Meta scadrà, al momento non è dato sapere: “Mi sono già confrontato con i candidati a sindaco – spiega D’Artista – e tutti mi hanno detto di essere intenzionati a proseguire l’esperienza. Però serve uno scatto in avanti: abbiamo allestito una stagione con 30mila euro, ma ne servirebbero almeno 100mila. La prossima amministrazione dovrà essere in grado di scommettere sul teatro e sulla cultura: abbiamo le capacità, la voglia, le connessioni. Il Caniglia può essere davvero una risorsa”.
In questi giorni di campagna elettorale, tra promesse di cento eventi e bocche piene di “cultura”, sarebbe opportuno anche che qualcuno dicesse che tipo di eventi e di quale cultura vuol farsi portatore e, soprattutto, con quali risorse e quale progettualità. Non solo per il teatro, si intende, perché Sulmona può vantare stagioni e festival, o almeno poteva, di lirica, musica classica, opera, cinema, jazz. Tutti giganti dalle gambe fragili.

Con il grande problema, non solo sulmonese, della precarietà: i contributi dati anno per anno, spesso a dicembre a chiusura di bilanci, l’assenza di una programmazione certa che dia sicurezza ad un progetto, l’impossibilità, per questo, di accreditarsi nel mercato nazionale come solida realtà. Costretti gli operatori e produttori di cultura, a fare la questua al politico di turno, sperando che all’ultimo minuto non spunti un emendamento in bilancio.
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