Non mostrano le carte, non rispondono al telefono, non parlano con i cittadini, né con la stampa (che non sia la Pravda di turno), tanto meno con i portatori di interesse, siano essi commercianti, dirigenti scolastici, liberi professionisti e persino consiglieri comunali. Chiusi a riccio nelle loro stanze, a proteggersi dal sole che sorge ormai da un anno senza che il panorama sia cambiato, non in meglio almeno. Sono gli amministratori del “fare”, loro, del fare un po’ come gli pare e soprattutto in gran segreto. Che le cose le annunciano e non le fanno, non le dicono e le presentano a cose fatte, quando gli conviene. Succede per le gare d’appalto dei servizi, per il trasferimento di centinaia di studenti da un edificio all’altro, per le norme urbanistiche che rivoluzionano l’assetto della città, per i grandi progetti come Casa Italia e ancora per le opere pubbliche, le società partecipate, la cultura e quel che resta di una città in ginocchio. I cristalli di palazzo San Francesco non sono così trasparenti, neanche quel minimo sindacale che la decenza e la legge imporrebbero: perché oltre al mutismo degli assessori (la maggior parte), l’afonia dei consiglieri comunali e gli immancabili saluti al convegno di turno del primo cittadino, neanche gli strumenti che per legge dovrebbero garantire la divulgazione dell’attività amministrativa (primo tra tutti il sito istituzionale e la sezione “amministrazione trasparente”) sono fruibili. Non è un vizio solo sulmonese a quanto pare: a leggere la risposta che la dirigente regionale Eliana Marcantonio ha fatto alla consigliera comunale Elisabetta Bianchi relativamente alla richiesta di accesso agli atti sulla vicenda della sede dell’Apc, infatti, vengono i brividi. Perché al di là della legittimità giuridica del diniego, colpisce in una dipendente pubblica, dal pubblico pagata, la leggerezza con cui ci si sottrae, seppure fosse, “al controllo generalizzato sull’azione di un’amministrazione pubblica” e come sia stravagante il concetto di “interesse giuridicamente rilevante” e ancor più il fatto che “l’interlocutore con cui l’ente (la Regione, ndr) è chiamato a confrontarsi è esclusivamente la sindaca”. E hai voglia a narrare di partecipazione e condivisione nelle maratone elettorali, ad arrossarsi gli occhi immaginando una comunità coesa, a promettere porte aperte nella Casa comune. Hai voglia tu a sperare che la pagina sia un’altra.
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