Per il momento è solo un sospetto, ma l’agente si è già sottoposto al tampone per il quale è attesa una risposta nelle prossime ore. Un contagio che, se confermato, aprirebbe un fronte molto complicato nella malaugurata ipotesi dovesse sviluppare un focolaio.
Ad avvertire i sintomi del Coronavirus è infatti questa volta un agente di polizia penitenziaria in forze al carcere di via Lamaccio a Sulmona che, pure, durante il periodo caldo delle rivolte si è dimostrato tranquillo e senza proteste.
Fortunatamente il caso sospetto non è riferito ad un “operativo”, ovvero ad uno di quelli che lavora dietro le sbarre, ma ad un amministrativo che frequenta cioè la palazzina del nucleo traduzioni e piantonamento.
La preoccupazione, tuttavia, è alta e il direttore della casa di reclusione, Sergio Romice, ha provveduto a mettere in isolamento domiciliare i colleghi che sono stati a stretto contatto con lui. Ventidue in tutto. L’agente, invece, è stato trasferito questa mattina nel reparto di malattie infettive di Avezzano, dopo che una Tac avrebbe verificato una polmonite bilaterale. L’uomo è però in malattia dal 21 marzo scorso e quindi la quarantena è sostanzialmente in gran parte passata, senza che si siano almeno apparentemente verificati altri casi sospetti.
Il timore, neanche a dirlo, è che il virus possa in qualche modo propagarsi all’interno del carcere, creando disordini tra i detenuti.
Proprio oggi il sindacalista della Uil, Mauro Nardella, ha inviato un video alla stampa nel quale si lamenta la fornitura di mascherine “farlocche” da parte dell’amministrazione penitenziaria: “Uno straccetto – lo definisce Nardella mostrando la mascherina – ci sentiamo offesi, è un insulto alla categoria”. Al di là della fornitura arrivata, però, dal carcere di Sulmona fanno sapere che attualmente tutti gli operatori nell’istituto sono dotati di mascherine certificate di tipo chirurgico e di tipo Fpp2, a seconda del rischio.
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