Si sta a casa. La sveglia è ormai suonata, da nord a sud dello Stivale, chiamato alla reclusione forzata per l’emergenza Coronavirus. E così anche in Valle Peligna i cittadini sono alle prese con il metro quadro, l’abitazione che da delizia si fa presto croce, quando le ore da passarci dentro diventano 24. Superato il primo ozio si ricorre alla cantata, una mano a Risiko, i compiti, poi la pizza e l’affaccio liberatorio sui balconi coi più disparati saluti in famiglia. Il problema però è al rientro dal terrazzo, le ore che sembrano più lunghe dei 60 minuti, le mani sul volto al crescere dei contagi e gli sguardi fissi. Si cerca allora un via di fuga, scoprendosi all’improvviso appassionati della differenziata, del fido cane e della santa spesa, perché “qualcosa serve sempre”. La speranza è nell’agognata fine del virus e dell’isolamento ma che, a naso, potrebbe non arrivare così presto. Perché, tra fuggitivi, “assaltatori” dei treni e sportivi riscoperti, questa fine reclusione potrebbe anche slittare.
Insomma si cerca di resistere. A darci una mano su come affrontare questo isolamento è la psicologa e criminologa Susanna Loriga che reputa necessari i provvedimenti restrittivi.
Un sacrificio collettivo dunque: “La situazione di emergenza ha causato un cambiamento radicale nelle abitudini di tutti – spiega -. La ‘reclusione’ temporanea ha un forte impatto emotivo, soprattutto in una società che, spesso, uso definire simpaticotonica a causa dei ritmi frenetici e la tendenza a riempire ogni spazio. Vedersi chiusi dentro le proprie case, costretti a interrompere le rassicuranti abitudini giornaliere, crea uno stato di disorientamento, stati emotivi che vanno dalla negazione del problema, alla rabbia fino alla tristezza”.
“E’ importante capire che si tratta di una situazione transitoria – rimarca la Loriga -. Bisogna evitare la sovraesposizione mediatica: consiglio a tutti non più di due notiziari per restare informati” raccomandando le fonti ufficiali. Dunque spazio alla musica, riprendere le letture abbandonate, spostare l’attenzione dallo stato di allerta che genera ansia generalizzata e stati depressivi. Sì all’attività fisica seppur dentro casa, no al pigiama tutto il giorno. Ai social la dottoressa dà un ruolo importante per soddisfare il bisogno di aggregazione, attenzione però ai post senza alcuna validità scientifica ed evitare la sovraesposizione per non perdere il contatto con la concretezza. Prediligere il fare: “Le neuroscienze hanno dimostrato che le attività manuali sono il modo ideale per allenare la concentrazione e dimenticare i problemi. Consentono anche di sviluppare la psicomotricità e riducono i livelli di stress”.
Il panico, la corsa ai treni verso il sud che ci riguarda da vicino. “La paura è un sentimento che emerge quando si avverte un pericolo e che a livello cerebrale attiva l’amigdala e scatena una reazione fisica ed ormonale che mette il corpo in allerta. Noradrenalina e Cortisolo entrano in circolo in maggiori quantità e preparano il corpo all’azione. Nel momento in cui viviamo con la paura costante, andiamo incontro a livelli di stress non più funzionali e adattivi ma malsani (distress) che possono causare un “effetto tunnel vision” che distorce o amplifica le percezioni. Il panico può causare, inoltre, il rifiuto inconsapevole delle notizie necessarie per aiutarci a mettere in atto i comportamenti adeguati e preventivi . La razionalità viene messa in secondo piano e si risponde al pericolo invisibile, che non può essere affrontato fisicamente, in modo completamente istintivo. Le immagini degli scaffali vuoti di alcuni supermercati, i treni presi d’assalto, ne sono una dimostrazione.
Ma a soffrire maggiormente l’isolamento sono i ragazzi che, senza incontri e amicizie, vedono sparire la dimensione fondamentale della loro vita. A questo si aggiunge qualche schermaglia con i genitori sulla mancata privacy e si possono acuire ansie legate a un senso di oppressione. “E’ il momento di avere pazienza, evitando di rinforzare i momenti di disaccordo e adottando degli stili di coping adeguati” cioè far fronte ad un nuovo problema o situazione. “Invito i ragazzi a percepirsi come combattenti che sostengono la loro nazione, proprio perché l’offerta del loro sacrificio restando a casa, un contributo a neutralizzare un nemico. Sentirsi utili è importante come lo è cercare di coltivare hobby e stare in contatto, attraverso chiamate o chat, con i propri amici”. La formazione a distanza è fondamentalmente per non interrompere la progettualità scolastica e il rapporto con i propri compagni e docenti, restituendo una “normalità” in un momento in cui il cambio di vita è stato repentino e non graduale, e per questo molto più difficile da metabolizzare.
Un’emergenza sanitaria che è diventata anche un’emergenza dell’anima che si appresta a presentare il conto delle cicatrici. “Una ferita ha necessità di tempi fisiologici per la rimarginazione ma, dopo, sulla cicatrice la pelle sarà più dura. Questa esperienza ci renderà, con un termine mutuato dalla fisica, più resilienti e quindi in grado di affrontare le difficoltà. Dovrà far capire e apprezzare il valore della semplicità di un sorriso e di una stretta di mano senza più paura. Superare quindi l’improduttivo egoismo avvicinandosi al valore della comunità. “Solidarietà, empatia, amore per l’ambiente non saranno più soltanto belle parole da pronunciare ma i veri capisaldi della nostra vita”
I cittadini non saranno soli in questo momento delicato. E’ stato infatti attivato dal Consiglio Nazionale dell’Ordine Psicologi il progetto “psicologi contro la paura” con attività mirate di informazione e sostegno, promosso anche dall’Ordine psicologi Regionale dell’Abruzzo. Saranno attivati sportelli psicologici a distanza con l’obiettivo di non lasciare sole le persone che hanno necessità di ascolto per affrontare ansie, paure e dubbi legati all’attuale emergenza. È inoltre disponibile, il vademecum psicologico che si può scaricare sul sito www.psy.it per avere alcune informazioni base per gestire l’ansia .
“Distanti ma uniti”, a suggellare l’invito è il disegno di una talentuosa 22enne sulmonese, Chiara Carugno ex studentessa dell’ artistico “Mazara” e ora al terzo anno del corso di Estetista. L’appello resta uno, supportare il lavoro degli eroi in corsia in un solo modo, facendo la nostra parte, restando a casa.
Anna Spinosa
Ho ricordato ultimamente all’istituto Goethe per un concorso ,come ,Margherita di Savoia Regina dopo un suo soggiorno nel 1872 a Berlino per fare la comare di battesimo alla figlia di Federico di Prussia (che venne chiamata lo stesso Margherita) nel conoscere la società tedesca esclamò “In Italia tutti comandano in Germania tutti ubbidiscono”. Perciò se questa legge di stare fermi dentro casa la fa la Merkel in Germania sicuramente viene rispettata perché la Merkel i tedeschi li può appendere in fila come gli stoccafissi e non si muovono sino a nuovo ordine, ma in Italia non credo che stanno fermi più dì qualche giorno, specialmente nella bassa.
Non credo che in Germania ci siano allo stato attuale molti tedeschi di quelli di una volta. È pieno di turchi, di africani, di cinesi, di italiani, di siriani, di…tutto e di più. Non esistono più i tedeschi di una volta.
Si ma i cittadini sono scocciati e non impauriti perché le istituzioni sono povera gente e a quello che dicono non ci crede nessuno e situazioni simili con picchi di forti influenze con gli ospedali intasati di malati sino nei corridoi sono successe anche negli anni scorsi, con numero di morti naturali superiori alle stime attuali.