Cogesa, la relazione shock dell’amministratore: il Piano di ristrutturazione non regge

La relazione è arrivata sulle scrivanie dei sindaci-soci ieri, anche se era stata già letta venerdì scorso nella riunione del Controllo analogo, alla quale, però, hanno partecipato poco più della metà degli invitati. Lo stretto necessario. Nero su bianco, però, le parole dell’amministratore unico Nicola Sposetti sulle sorti di Cogesa sono tutt’altro che rassicuranti. Come aveva anticipato Il Germe alla vigilia dell’incontro con gli advisor, infatti, il Piano di ristrutturazione del debito omologato dal tribunale di Sulmona, a suo avviso, è ben lungi dall’essere praticabile. Tante, troppe, le criticità e le incognite che impongono una verifica attenta degli impegni presi che, se non adempiuti, potrebbero portare al fallimento della società.

La voce più pesante riguarda forse il beneficio dalla “decontribuzione sud”: 1,2 milioni di euro che gli advisor avevano previsto di incassare, ma che il 13 agosto scorso l’Inps, ha detto essere inapplicabile a Cogesa in quanto l’agevolazione non si applica “agli enti trasformati in società di capitale, ancorché a capitale interamente pubblico”. Una interpretazione della normativa che gli advisor contestano e che per questo ha spinto a chiedere un contraddittorio. “Nella degradata ipotesi in cui l’Istituto confermasse l’inapplicabilità della misura – scrive Sposetti -, la società sarà costretta a restituire all’Inps anche il beneficio di cui ha usufruito da novembre 2023 a luglio 2024, ovvero un importo stimato in circa 300mila euro. Complessivamente per questa misura si manifesterebbe un ‘danno’ pari a 1,5 milioni di euro”. Con la necessità anche di rivedere il bilancio 2024.

Improcedibile sarebbe poi anche il credito del Mezzogiorno: altri 130mila euro che non spetterebbero a Cogesa, come previsto invece dagli advisor, perché considerata “grande azienda”, in quanto controllata per oltre il 25% da enti pubblici.

C’è poi il capitolo pesante dei crediti dai Comuni: 7 milioni di euro da recuperare in due anni e che finora ha fruttato circa 2,5 milioni di euro. “Nella valutazione da parte degli advisor probabilmente non sono state tenute in debita considerazione – si legge nella relazione – tutte le contestazioni sui crediti che il Cogesa reclama”. Un quesito che potrà essere sciolto solo da un tribunale e generato principalmente dalla decisione presa nel 2020 dall’allora amministratore unico, Vincenzo Margiotta, di imporre, con valore retroattivo, l’adeguamento delle tariffe sugli imballaggi dei materiali misti. Una posta che da sola vale 300mila euro. Poi ci sono i 540mila euro che deve Mo.Te. (montagne teramane) che ha fatto accesso alla procedura negoziata: bene che va, spiega Sposetti, si recupererà il 35% della somma. E ancora: la causa in corso con Asm che vale quasi un milione di euro (con 1,6 milioni di debiti), di cui 700mila di dubbia esigibilità. Solo per rimanere ai creditori più importanti, c’è poi Sulmona che deve 776mila euro e Scoppito che ne deve 268mila.

Dai soldi dovuti a quelli richiesti: il Piano di ristrutturazione prevede un aumento di capitale di 480mila euro con i soci chiamati a sborsare 400 euro ad azione: dai 16mila agli 80mila euro ciascuno a seconda delle quote detenute. “A tal proposito – aggiunge l’amministratore – sarà opportuno e doveroso avere un riscontro da parte della compagine societaria circa la fattibilità di tale operazione”. Insomma, inutile girarci intorno, i Comuni più piccoli avrebbero serie difficoltà a pagare la loro quota.

Ai crediti dubbi, si aggiungono poi le voci del passivo: il fondo incentivi isopensione che “nel piano non è chiaro con quale teoria/calcolo sia stata adottata – aggiunge Sposetti – per determinare l’importo di 250mila euro” e poi, soprattutto, le vertenze sindacali in corso, ben 53, che valgono una posta di 1,2 milioni di euro e un aumento annuo della spesa per il personale di almeno 400mila euro.

Una situazione finanziaria critica, insomma, che blocca anche gli investimenti, primo fra tutti il CSS che dovrebbe servire ad allungare la vita della discarica fino al 2033, ma senza il quale si dovrebbe chiudere il buco di Noce Mattei nel 2028 e per quella data, bisogna considerare, bisognerà avere pronti 10 milioni di euro: 5 per i lavori di chiusura e altrettanti per la gestione post-mortem.

Mano al portafogli, insomma, dei contribuenti, ovviamente.

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