Dai tavoli della politica a quelli del tribunale: la procura della Repubblica di Sulmona ha aperto un’inchiesta sulla gestione del Cogesa o meglio, al momento, sulla vicenda del verbale presunto “falso” redatto il 18 settembre scorso a seguito della riunione del comitato del controllo analogo, seduta nella quale, secondo il documento inviato ai componenti dell’organo di controllo una paio di settimane dopo, vennero “autorizzati” i bandi di concorso per la formazione di graduatorie finalizzate all’assunzione di personale.
Ieri mattina al terzo piano di palazzo Capograssi sono stati ascoltati per diverse ore i primi testimoni, ovvero persone informate sui fatti: il delegato del Comune di Pratola Peligna, Antony Leone, e il sindaco di Raiano, Marco Moca.
Loro, insieme ad altri quattro rappresentanti di altrettanti Comuni-soci (Pacentro, Campo di Giove, Anversa e Cansano), sono stati d’altronde i firmatari della diffida-esposto con cui, dopo numerosi tentativi andati a vuoto, chiedevano la correzione di quel verbale e di avere il file audio della registrazione della seduta per provare come quell’autorizzazione non ci sia mai stata. Tanto più che a più riprese gli stessi sindaci, e non solo, avevano chiesto di fermare quei bandi in virtù dell’inopportunità degli stessi a ridosso della campagna elettorale per le regionali e soprattutto per quel parere negativo espresso dal dirigente del Comune di Sulmona sull’operazione.
Sulla vicenda era intervenuto anche l’amministratore unico del Cogesa, Vincenzo Margiotta, che all’indomani della contestazione aveva annunciato di voler portare tutte le carte in procura per far accertare la verità dei fatti.
L’inchiesta della procura, però, ha tutta l’aria di essere l’inizio di un lungo percorso, un vaso di Pandora dal quale potrebbe uscire ben altro.
Al momento si lavora sulle ipotesi di falso in atto pubblico e omissione di atti d’ufficio, ma gli aspetti da chiarire potrebbero non essere solo quelli sul funzionamento del controllo analogo (presieduto dal Comune di Sulmona), sul quale grava oltretutto un’altra diffida-esposto relativa alla sostanziale “abolizione” dell’organo ristretto di controllo.
Questo, infatti, potrebbe essere solo uno dei filoni di inchiesta che potrebbero coinvolgere anche diversi aspetti della gestione dei bandi e più in generale della partecipata.
Era l’ora. Speriamo che diano una rinfrescata di legalità alla classe dirigente di questo ente che seppur pubblico opera con metodi privati e poco ortodossi.